Una provincia vecchia dove per ogni 100 giovani ci sono quasi 300 anziani. Le pensioni sono basse, così come gli stipendi, mentre aumentano gli ammortizzatori sociali e gli inattivi che hanno smesso di cercare un lavoro. Il ritratto di Terni che emerge dall’ultimo report della Cgil provinciale è allarmante e mostra un quadro in netto e costante peggioramento rispetto agli anni precedenti.

Terni, dall’analisi della Cgil emergono aspetti allarmanti

In generale emergono dati “molto negativi” dove le criticità si delineano su più fronti. “Invecchiamento, spopolamento, povertà e qualità del lavoro” questi sono i quattro fattori che gravano sullo sviluppo del ternano. La Cgil in merito parla chiaro: serve un netto “cambio di passo” per creare una “discontinuità” e invertire un trend tutt’altro che incoraggiante.

Se è vero che l’Umbria è una regione molto longeva (al terzo posto assoluto in Italia tra le regioni dove si vive di più secondo l’ultimo rapporto Istat), è altrettanto vero che i nuovi nati non riescono a compensare la mortalità. Un fenomeno ulteriormente aggravato dall’emigrazione che è ancora massiccia. “Continuano i fenomeni di invecchiamento e spopolamento che vedono l’Umbria e in particolar modo Terni ai primi posti in Italia” sottolineano dal sindacato.

In provincia di Terni pochi giovani, tanti neet e stipendi più bassi

A preoccupare su tutti è l’indice di invecchiamento della popolazione che nella provincia ternana ha raggiunto il 284% rispetto alla media nazionale del 193%. In pratica per ogni 100 under 15 ci sono 284 over 65: un divario che fa paura. “Un dato che chiede prima di tutto una presa di coscienza che non vediamo da parte delle istituzioni e conseguenti politiche radicalmente diverse capaci di invertire questo fenomeno” puntualizza la Cgil.

Se il gap tra giovani e anziani fa male, ce n’é un altro che, forse, è ancora più preoccupante. In provincia di Terni gli occupati sono meno del 40% della popolazione totale (39%): lavora poco più di una persona su tre. Su una popolazione di circa 215mila abitanti ad avere un impiego sono 85mila persone. Eppure una seppur timida nota positiva c’è: l’occupazione è lieve aumento ma la buona notizia appare largamente insufficiente per risanare un mercato del lavoro che sta attraversando una profonda crisi. Gli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione in particolare, sono in aumento e in generale gli stipendi sono più bassi.

Basse anche le pensioni. Su 66mila pensionati, ovvero il 39% della popolazione, circa la metà non arriva neanche a 1.400 euro al mese lordi e 22mila neanche a mille. A completare un già grave quadro di disagio economico e sociale ci sono infine i neet, acronimo inglese che sta per “Not in Education, Employment or Training“, ovvero coloro che non sono impiegati in attività di formazione e non lavorano. Il 30% della popolazione in provincia di Terni è inattiva: se il dato dei disoccupati rimane stabile, quello dei neet che hanno ormai rinunciato a trovare un lavoro è invece in crescita.

Lavoro, salute, sviluppo e welfare: i quattro ambiti di intervento

Appare evidente che la provincia di Terni sia a forte rischio collasso. Per la Cgil è doveroso intervenire quanto prima “su quattro ambiti fondamentali: lavoro, salute, sviluppo e welfare“. Come? Con “interventi di contrasto alla crescente povertà, che interessa ormai strutturalmente anche lavoratori e pensionati“.

Sul piatto c’è anche la nota dolente della sanità per cui la Cgil ha rivolto un appello direttamente alla Regione e alla neo insediata Giunta Proietti che proprio su questo aspetto si è giocata la campagna elettorale. La richiesta è di “invertire quanto fatto fino ad oggi, arrestare lo smantellamento del servizio pubblico, abbattere le liste d’attesa infinite e tagliare i finanziamenti al privato per investire nel pubblico, in personale, nel territorio, nella rete ospedaliera e nei servizi assistenziali“.