La recente decisione del TAR Umbria ha chiuso un capitolo controverso tra cacciatori e associazioni ambientaliste. Con due decreti, il presidente del tribunale ha respinto le richieste avanzate dalle principali organizzazioni venatorie italiane, confermando la chiusura anticipata della caccia a beccaccia e tordi, in linea con quanto stabilito dalla Regione Umbria e dal Consiglio di Stato.
La giunta regionale umbra ha deciso di sospendere la caccia a tordo bottaccio, cesena, tordo sassello e beccaccia, seguendo l’ordinanza del Consiglio di Stato. Una scelta arrivata dopo settimane di tensioni, ricorsi e diffide avanzate dalle associazioni ambientaliste, che avevano segnalato il rischio di danni alla biodiversità e minacce alla fauna selvatica.
Le associazioni ambientaliste applaudono la decisione del Tar Umbria
Tutto è iniziato lo scorso settembre, quando diverse associazioni ambientaliste hanno impugnato il calendario venatorio 2024/2025 davanti al TAR Umbria. Dopo un primo respingimento parziale, il caso è arrivato al Consiglio di Stato, che a dicembre ha ordinato la sospensione della caccia per le specie indicate. Nonostante le disposizioni, la caccia era proseguita, spingendo le associazioni a diffidare formalmente la Regione e a minacciare un intervento presso la Procura della Repubblica e la Corte dei conti.
ENPA, LAV, LIPU, LNDC e WWF Italia hanno espresso soddisfazione per il pronunciamento. “Il ricorso delle associazioni venatorie è sgangherato e ideologico”, hanno affermato, denunciando una visione distorta che ignora le regole e punta a ottenere concessioni politiche. Le organizzazioni ambientaliste evidenziano un distacco crescente tra il mondo venatorio e le esigenze di tutela della natura.
Il TAR ha ribadito che la protezione della biodiversità supera gli interessi di un’attività ricreativa. Questo principio è sancito dalla Costituzione e dalle norme europee, a tutela di un patrimonio che appartiene a tutti, incluse le generazioni future.
Il ricorso presentato dai cacciatori includeva motivazioni giudicate controverse dalle associazioni ambientaliste e animaliste, tra cui il rischio di conseguenze psicofisiche sui cani da caccia a causa della chiusura anticipata. Una giustificazione che le stesse associazioni hanno definito assurda, sollevando interrogativi sulle condizioni di trattamento degli animali.
Tar Umbria, c’è anche la Legge di Bilancio che alimenta tensioni
La decisione del TAR si inserisce in un quadro legislativo alterato dalle modifiche introdotte di recente. La nuova norma sulla caccia, inserita nella Legge di Bilancio, limita il potere dei giudici di intervenire a tutela della fauna, anche in presenza di rischi accertati. Le associazioni ambientaliste considerano questa misura una violazione costituzionale che mina la salvaguardia degli animali selvatici.
Le modifiche introdotte prevedono che il parere del Comitato Faunistico-Venatorio Nazionale abbia lo stesso peso giuridico di quello dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Inoltre, riducono a trenta giorni il termine per impugnare un calendario venatorio davanti al TAR e stabiliscono che, in caso di sospensione cautelare, torni in vigore l’ultimo calendario venatorio validamente approvato.
Pressioni venatorie sulle regioni
In seguito all’approvazione della norma, alcune associazioni venatorie hanno tentato di forzare la mano su diverse regioni, spingendo per una proroga della stagione di caccia. In Calabria, ad esempio, queste pressioni hanno portato all’adozione di una delibera contestata immediatamente dai tribunali. Al contrario, le Marche e l’Umbria hanno scelto di rispettare le disposizioni giuridiche, dimostrando maggiore equilibrio.
Confusione e impatti sul territorio
Sempre nel comunicato diffuso dalle associazioni ambientaliste si legge che in Umbria, il caos generato dalle informazioni diffuse dalle associazioni venatorie ha avuto conseguenze drammatiche. Per settimane, i cacciatori hanno agito come se la stagione fosse ancora aperta, provocando la morte illegittima di centinaia di animali. Questo comportamento ha sollevato preoccupazioni su una gestione irresponsabile, con rischi legali per gli stessi cacciatori coinvolti.
Le associazioni ambientaliste hanno elogiato la giunta regionale umbra per la fermezza dimostrata, scegliendo di anteporre il bene collettivo agli interessi particolari. “Continueremo a lavorare per proteggere il nostro patrimonio naturale e gli animali selvatici, sempre più sotto pressione”, hanno dichiarato ENPA, LAV, LIPU, LNDC e WWF Italia.