Abbassa le saracinesche uno storico presidio per il quartiere: chiude infatti l’edicola di via XX Settembre, a Cospea. Il gestore Francesco Tacchia dopo 38 anni di lavoro, ha deciso porre fine al proprio percorso imprenditoriale. Francesco, noto nel quartiere per la sua disponibilità, umanità, gentilezza, è stato costretto a dare addio all’attività.
“Dopo aver rilevato l’edicola, abbastanza piccola, da una signora, ho intrapreso il lavoro perché mi piaceva vendere i giornali e stare a contatto con la gente. Quando sono arrivato, – racconta Tacchia titolare dello storico presidio – in via XX Settembre, il quartiere non era ancora completato, era abitato prevalentemente da coppie giovani. Era un periodo abbastanza favorevole per la vendita dei giornali, una media di 250 copie giornaliere. Si vendevano, anche, riviste, giocattoli, figurine, gadget. I ragazzi aspettavano dicembre per acquistare i pacchetti delle figurine dei calciatori. Una vigilia di Natale, chiusi alle 22,30 per il continuo afflusso dei clienti, interessati ai gadget, e l’incasso fu di 1500 euro, una cifra enorme”.
Il calo delle vendite dal 2008 ha causato la chiusura dello storico presidio
Poi la crisi che ha risparmiato solo pochi. “Il calo di vendite, iniziato dal 2008, con il colpo mortale di Internet. Chiudo per il semplice fatto che non si lavora più, la crisi sta affondando tutto, non solo la vendita di giornali. Per salvare il salvabile servirebbe, tra l’altro, aumentare il margine di spettanza sulle vendite, e sgravi fiscali. Per l’occupazione del suolo pubblico e per le tende per l’ombra, pago 1700 euro l’anno, troppo.”. Francesco non nasconde il dispiacere per la chiusura dell’edicola. “Mi dispiace lasciare dopo 38 anni, ma non ce la faccio più. Con la gente ho instaurato un bel rapporto – conclude – e tutto ciò mi mancherà”.
Quella delle piccole imprese è una strage, a volte silenziosa, a volte no. Prima la crisi finanziaria, poi la pandemia, infine l’inflazione, hanno inghiottito decine di migliaia di piccole attività.
Attività spesso e volentieri di una vita, passate di mano, generazione dopo generazione e ora, finite nel cassetto dei ricordi di imprenditori, lavoratori, commessi. Tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99 mila attività di commercio al dettaglio e 16 mila imprese di commercio ambulante.
Riduzione delle attività commerciali più accentuata al centro-nord che al sud
Sono i dati impietosi di Confcommercio, la più grande associazione italiana delle piccole imprese, che ha aggiornato gli annali della demografia d’azienda italiana. Nelle 120 città medio-grandi dello Stivale, la riduzione di attività commerciali risulta più accentuata nei centri storici rispetto al resto del territorio, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.
E per chi non ha abbassato la saracinesca, c’è stato sicuramente un cambio di pelle, dettato anche dall’esplosione e dal ricorso sistematico all’e-commerce da parte dei consumatori.
Secondo Confcommercio, infatti, è cambiato anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
I dati di Confcommercio sulla desertificazione commerciale
“La modifica e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti, con un calo di quasi il 20%)”, spiega l’associazione guidata da Carlo Sangalli.
Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta.
Rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1 miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio fisico tradizionale.