Stefania Proietti ha scelto un finale di campagna elettorale decisamente fuori dagli schemi. Niente teatri o sale formali: la candidata del centrosinistra ha radunato oltre 800 persone, secondo le stime ufficiali, nel piazzale della Città della Domenica, accompagnando i discorsi politici con falò, panini alla porchetta e vino in brick. Un’atmosfera volutamente popolare che ha rotto con il tradizionale schema degli eventi istituzionali, proiettando un’immagine di vicinanza e appartenenza. “Siamo qui, con e per le persone, non abbiamo bisogno di palcoscenici, ma di sostanza”, ha dichiarato Proietti dal palco, ribadendo il senso di una campagna costruita su eventi in piazza e contatto diretto con i cittadini.

Con in mano una copia della Costituzione, Stefania Proietti ha concluso la campagna elettorale per le regionali in Umbria con parole forti: “Stiamo vivendo una propaganda davvero fascista, ma noi non ci caschiamo perché questo è un governo che non c’è stato e in cinque anni ha smantellato la sanità pubblica. Sono venuti solo a conquistare l’Umbria”. Il comizio, tenuto all’esterno della Città della Domenica, ha visto sul palco anche le sindache di Perugia e Firenze, Vittoria Ferdinandi e Sara Funaro, oltre a un folto gruppo di sindaci umbri e l’europarlamentare Dario Nardella.

Un atteggiamento diverso per Stefania Proietti

Nel suo discorso, Proietti ha mostrato una determinazione nuova, decisamente più marcata rispetto al passato. Un cambio di registro che non è passato inosservato, neanche agli occhi del suo spin doctor Francesco Nicodemo, che l’ha seguita nel tour indossando un look casual con giubbotto in pelle e cappuccio. Questa versione più combattiva della candidata ha preso di mira non solo i rivali politici, ma anche scelte amministrative ritenute dannose per la regione. Al centro del discorso, il tema della sanità pubblica, definito una priorità assoluta per l’Umbria e terreno di scontro con il centrodestra.

Donne al comando: la voce delle sindache

Sul palco, Proietti non era sola. Con lei, la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, e quella di Firenze, Sara Funaro, che hanno dato forza al messaggio della serata. Ferdinandi ha aperto il suo intervento con parole dirette contro i leader del governo, mentre Funaro ha puntato il dito contro il declino del sistema sanitario regionale, un tema che ha acceso il pubblico presente. La lista dei partecipanti si allungava con altri amministratori locali e rappresentanti del centrosinistra, per un totale di 48 nomi, letti uno a uno dalla speaker.

Attacchi politici e simboli scelti con cura

Proietti ha messo in scena un dualismo netto tra la sua visione politica e quella del centrodestra. Da un lato, un popolo coinvolto, rappresentato dai cittadini che l’hanno seguita in piazza e durante il viaggio in treno; dall’altro, i cosiddetti poteri forti accusati di aver impoverito la regione“Ricordo a chi ci ha criticato per i sit-in davanti agli ospedali che siamo in un luogo pubblico”, ha affermato, facendo riferimento alle proteste organizzate per difendere i presidi sanitari regionali.

Non sono mancati riferimenti polemici ai leader della destra, in particolare a Bandecchi, e stoccate contro l’autonomia differenziata, definita una misura che rischia di aggravare il divario infrastrutturale e sociale dell’Umbria.

Il treno come metafora del gap regionale

La giornata elettorale si era aperta con un viaggio in treno da Terni, un mezzo scelto non a caso per sottolineare le carenze infrastrutturali della regione. Il percorso è stato scandito da incontri con cittadini e leader politici, alternando momenti di confronto diretto a eventi pubblici. Anche il comizio davanti all’ospedale è stato carico di simbolismo, ribadendo l’urgenza di interventi sul sistema sanitario.

L’appello finale di Stefania Proietti

“Portiamo tutti a votare per la sanità pubblica, per la legalità”, ha esortato Proietti, sottolineando l’importanza del diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della Costituzione. “Se in Umbria vinciamo noi, vince la Costituzione, vince l’Italia.” Un messaggio di partecipazione e speranza, lanciato non dal palco di un teatro, ma da una piazza aperta a chiunque volesse ascoltare.