Il centrodestra aveva chiesto il “ritiro della manovra fiscale regionale 2025 alla luce della relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale”, ma l’Assemblea legislativa dell’Umbria ha respinto a maggioranza la mozione presentata da Nilo Arcudi (Tp-Uc), Matteo Giambartolomei, Eleonora Pace (FdI) e Donatella Tesei (Lega). Gli otto voti favorevoli non sono bastati a ribaltare la linea della Giunta, sostenuta dagli undici contrari espressi dalla maggioranza.
Al centro dello scontro, il peso della nuova manovra su imprese e famiglie umbre, giudicato insostenibile dalle opposizioni e inevitabile dalla presidente Stefania Proietti e dal suo esecutivo.
Nel presentare la mozione, Nilo Arcudi ha parlato di un quadro finanziario “strumentalizzato” dalla Regione: “È stato diffuso un disavanzo di 243 milioni di euro in sanità, quando invece la Corte dei conti ha chiarito che il dato reale è di 34 milioni. È stato creato un clima negativo per giustificare un aumento delle tasse che poteva essere evitato”.
Secondo Arcudi, la manovra ha avuto il solo scopo di reperire risorse senza un vero piano di razionalizzazione: “Parliamo di 184 milioni di nuove entrate fiscali, ma non è chiaro come verranno spesi né se davvero andranno a migliorare i servizi sanitari”.
Sulla stessa linea, Donatella Tesei (Lega) ha sottolineato l’impatto sugli strati più fragili dell’economia regionale: “Questa manovra colpirà i ceti medio-bassi con tasse che non erano necessarie. I fondi si sono sempre trovati, mentre oggi si sceglie di gravare famiglie e imprese con nuove imposte”.
A replicare è stato Cristian Betti (Pd), intervenuto in Aula in sostituzione del vicepresidente e assessore Tommaso Bori: “Chi parla di stangata dimentica che il 70 per cento dei cittadini pagherà meno rispetto al 2024. La manovra ha azzerato la maggiorazione per i redditi più bassi, mentre l’aumento riguarda solo chi supera i 28 mila euro lordi annui”.
Betti ha criticato la mozione come priva di basi solide: “Se siete convinti di quanto scrivete, fate un’analisi seria del bilancio regionale. Non si possono spacciare come disponibili risorse che non lo sono, come il payback o gli accantonamenti del Rendiconto 2024”.
La presidente Stefania Proietti ha difeso la necessità degli aumenti: “Le aziende sanitarie sono in disavanzo dal 2019 e il fondo sanitario cresce meno dei costi. Il 73% dei redditi umbri non subirà alcun impatto negativo. È un sacrificio equo, richiesto solo al 27% dei contribuenti con redditi medio-alti”.
Proietti ha poi rivendicato la finalità sociale della manovra: “Quei soldi andranno a ridurre le liste d’attesa, a sostenere le Rsa, a coprire i costi del payback. Non si tratta di nuove tasse fini a sé stesse, ma di investimenti nei servizi essenziali”.
Il voto in Aula non chiude la partita. Le opposizioni promettono di riportare la questione al centro del dibattito regionale. Arcudi, in chiusura, ha insistito: “I cittadini ci chiedono perché la Regione continui con questa manovra se la Corte dei conti ha chiarito i conti reali. Saremo vigili su come verranno spese le risorse aggiuntive”.
Per la maggioranza, invece, la linea resta quella della tenuta finanziaria e della copertura dei servizi essenziali. In un clima politico sempre più teso, la manovra fiscale 2025 segna uno spartiacque: da un lato la narrazione della “responsabilità”, dall’altro quella della “stangata”. Saranno famiglie e imprese umbre a misurare nei prossimi mesi l’effetto reale di questa scelta.
La manovra varata dalla Giunta Proietti prevede:
Nuove entrate fiscali complessive: 184 milioni di euro.
Addizionale regionale Irpef: aumento concentrato sui redditi medio-alti, sopra i 28 mila euro lordi annui. Secondo la Regione, il 70% dei contribuenti umbri - pari a circa 450 mila persone - non subirà aumenti, con un’azzeramento della maggiorazione per le fasce deboli.
Aliquota Irap: incremento di 0,92 punti percentuali per le imprese, con un impatto stimato di circa 70 milioni di euro complessivi sul tessuto produttivo regionale.
Le opposizioni parlano di “stangata” perché l’impatto sulle imprese rischia di ridurre la competitività regionale. Per una piccola azienda manifatturiera con utile lordo di 200mila euro, l’aumento dell’Irap potrebbe valere tra i 1.500 e i 2.000 euro l’anno. Per una famiglia con reddito complessivo di 40mila euro, l’aumento Irpef si traduce in circa 300 euro annui in più.