A Spoleto per la prima volta da sempre, all'anagrafe è stato registrato un bimbo figlio di due mamme. Un atto che dà seguito alla recente sentenza della Corte Costituzionale che ha finalmente aperto al riconoscimento, oltre che della madre bilogica, anche di quella "intenzionale".
Nel nostro Paese non esiste una legge che nell'ambito delle coppie formate da due persone dello stesso sesso, attribuisca genitorialità sociale anche al genitore "intenzionale" ovvero non biologico. Pertanto i figli delle coppie nate da due mamme risultano giuridicamente figli soltanto della madre con cui hanno un legame biologico.
Così è stato per molto tempo almeno fin quando sulla questione non è intervenuta, recentemente, la Cassazione con la sentenza 68/2025 riconoscendo genitorialità a entrambe le mamme, quella biologica e quella intenzionale ed equiparando così la posizione delle coppie lesbiche a quella delle coppie eterosessuali nell'accesso alla genitorialità. Un grande passo avanti che, almeno per una parte delle famiglie omogenitoriali, costituisce ora un solido punto fermo.
La sentenza è recentissima. Depositata neanche un mese fa, il 22 maggio scorso, ha dichiarato illegittimo l'articolo 8 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 relativamente alle Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.
In particolare la sentenza si è inserita "nella parte in cui non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale". Una svolta a lungo invocata, risultato di lunghe battaglie sul fronte dei diritti civili.
L’assessora Agnese Protasi, delegata dal sindaco Andrea Sisti, ha espresso profonda emozione per l'atto. "Siamo di fronte ad una sentenza storica - ha dichiarato - con cui la Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità del divieto di riconoscimento alla nascita per i figli nati da PMA all’estero, riconoscendo il diritto alla genitorialità della cosiddetta madre intenzionale nelle coppie omosessuali. Un atto meramente burocratico, come quello della registrazione all’anagrafe, semplice e scontato, in questo caso ha rappresentato un momento di grande emozione perché ha sancito il riconoscimento del diritto all’identità personale e familiare del bambino in quanto figlio di entrambe le mamme. Non so se siamo stati il primo Comune in Umbria, ma mi auguro che, da adesso in poi, tutto questo possa finalmente rientrare in un iter normale e condiviso in tutti gli enti della nostra Regione e d’Italia. Ringrazio il personale dell’ufficio anagrafe del Comune per l’empatia e la disponibilità dimostrata".
Nel vuoto normativo che ha preceduto la sentenza, il riconoscimento giuridico di entrambe le mamme a lungo è stato a discrezione dei singoli sindaci e, va detto, non sono mancati i casi di coloro che, in assenza di una legge apposita, hanno provveduto a registrare entrambe.
Tra i primi sindaci in Italia, a luglio di due anni fa, vi è stato anche quello di Terni, Stefano Bandecchi che in netto anticipo sui tempi, con coraggio registrò un bimbo nato da due mamme. Un gesto che destò grande risonanza ma, come rivendicato dallo stesso Bandecchi, fu anzitutto una scelta di umanità, lontana da qualsiasi ideologia che ha voluto dare una risposta concreta a un problema reale.
"Come sindaco mi sono assunto una responsabilità importante - ha commentato Bandecchi all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale -. All'epoca ho preceduto a quel tipo di iscrizione mosso dall’intento di dare risposte concrete a problemi reali, che riguardano due mie concittadine e che più in generale attengono il diritto alla cittadinanza e alla famiglia di un minore".