L'Umbria conserva testimonianze culturali di inestimabile valore. Eppure i terremoti che nel corso dei decenni l'hanno ferita, hanno in più occasioni danneggiato quell'immenso patrimonio. Ma l'Umbria non si è mai scoraggiata e ha saputo trasformare quei tragici eventi nel punto di partenza di una iniziativa di recupero e salvaguardia che sta facendo scuola. Nel cuore del cuore verde d'Italia, a Spoleto, è infatti attivo un deposito speciale: quello di Santo Chiodo, interamente dedicato alla conservazione e recupero delle opere provenienti dai luoghi del sisma. Si tratta di una struttura di 'Art recovery', la prima in Italia, che dà casa a tanti manufatti che l'hanno perduta o sono in attesa di farvi ritorno.
Il progetto di Santo Chiodo è stato avviato dalla Regione Umbria dopo il terremoto del 1997 e ha visto la luce nel 2008, grazie a una convenzione fra Regione e Ministero della Cultura. Proprio questa mattina il vicepresidente e assessore alla Cultura regionale Tommaso Bori e il Commissario straordinario alla ricostruzione post sisma 2016, Guido Castelli si sono recati in visita al deposito per fare il punto della situazione. Presente anche il sindaco di Spoleto, Andrea Sisti. In vista ci sono importanti novità: l'inaugurazione del nuovo deposito e la conclusione dei lavori di recupero dell’ex mattatoio di Spoleto.
"Un'esprienza che si è consolidata negli anni come un modello di riferimento nazionale per la salvaguardia e il recupero dei beni culturali nelle zone colpite da eventi sismici - ha detto Bori riguardo a Santo Chiodo -. Grazie alla collaborazione tra la Regione Umbria e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria, è stato possibile affrontare con professionalità e passione la sfida della protezione del patrimonio culturale, coniugando la messa in sicurezza dei beni culturali, con l’efficienza nel loro recupero e nella loro valorizzazione" ha affermato.
Castelli ha sottolineato come Santo Chiodo sia presto diventato un modello "da replicare anche nelle altre Regioni del cratere sismico, dove hanno visto la luce gli altri centri di Art recovery di Rieti, Camerino e L’Aquila è stata inserita nelle linee guida del Ministero della Cultura, diventando un punto di riferimento per la gestione dei beni culturali in situazioni di emergenza".
Castelli ha ricordato inoltre una serie di numeri che danno contezza dell'immenso lavoro di tutela e salvaguardia dispiegato a seguito degli eventi sismici. Ad oggi, grazie ai siti di 'Art recovery' nelle zone del cratere sismico, sono stati messi in sicurezza oltre 35mila beni culturali mobili che erano presenti nei 5200 edifici di pregio culturale o storico, di cui 1200 chiese o luoghi di culto, che sono stati interessati dagli eventi sismici del 2016.
A ciò si aggiunge, ha aggiunto il Commissario, che proprio in Umbria "c’è una scuola ingegneristica riconosciuta all’avanguardia nel campo della sicurezza e della ricostruzione, anche grazie all’eccellenza rappresentata dell’Università degli Studi di Perugia in questo campo".
Gli spazi di Santo Chiodo e presto anche quelli dell’ex mattatoio di Spoleto, oltre ad accogliere le opere, le restaurano in modo che possano poi tornare alle loro sedi originarie. Interventi di cura e memoria che tutelano l'identità e la storia del territorio. "La perdita di beni culturali - è stato spiegato nel corso del sopralluogo - indebolisce infatti il senso di appartenenza delle comunità, mentre il loro recupero e ritorno nei luoghi di origine costituiscono un’opportunità di ripresa sociale ed economica, capace di attrarre investimenti pubblici e privati".
Il nuovo deposito di Santo Chiodo che presto vedrà la luce, "è stato progettato con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale - ha concluso Bori - confermando l’impegno della Regione Umbria verso un futuro più green. La visita ai suoi spazi, vero e proprio scrigno d’arte, trasmette un messaggio di rinascita e rigenerazione".