In un’Italia che si proclama attenta alla dignità del lavoro, la sicurezza sui luoghi di impiego appare, spesso, come un principio più enunciato che rispettato. E l’Umbria, con i suoi cantieri disseminati tra opere pubbliche e ricostruzioni post-sisma, ne è testimone eloquente. Il recente episodio avvenuto a Spoleto, riporta alla luce un fenomeno diffuso: norme violate, lavoratori esposti a rischi, imprenditori che ancora oggi, nel 2025, sembrano considerare la sicurezza un ostacolo burocratico piuttosto che una priorità morale e legale.
A Spoleto, i Carabinieri della locale Stazione, insieme al Nucleo Ispettorato del Lavoro di Perugia e all’Ispettorato Territoriale, hanno svolto nei giorni scorsi un controllo in un cantiere edile impegnato nella riparazione di un edificio danneggiato dal sisma del 2016. I risultati dell’ispezione hanno destato non poca preoccupazione: la titolare dell’impresa esecutrice è stata deferita alla Procura per la mancata predisposizione di adeguati sistemi di accesso ai lavori in quota, violando le disposizioni vigenti in materia di sicurezza.
Sebbene i due lavoratori identificati siano risultati regolarmente assunti, il cantiere ha ricevuto sanzioni per circa 700 euro. Una cifra irrisoria, se confrontata con i potenziali pericoli cui erano esposti gli operai. Il cantiere, trattandosi di una zona colpita dal sisma, avrebbe dovuto costituire un esempio di rigore, e invece si è rivelato una nuova occasione mancata per dimostrare concretezza nella tutela del lavoro.
Il quadro si complica ulteriormente a Foligno, dove circa due settimane fa i Carabinieri dell'Ispettorato del Lavoro hanno effettuato un controllo presso il cantiere del ciclodromo di Corvia, finanziato con fondi del Pnrr. Qui, le irregolarità riscontrate sono state di ben altra entità. L’area è stata posta sotto sequestro preventivo per impedire che i lavori proseguissero in condizioni non sicure. A finire sotto indagine l’imprenditore titolare e il delegato dell’impresa, ritenuti responsabili di violazioni legate alla gestione del cantiere e al coordinamento delle opere.
Tra gli aspetti più gravi emersi dall’ispezione, l’impiego di un lavoratore “in nero” privo del permesso di soggiorno: una doppia violazione, tanto delle leggi sul lavoro quanto di quelle sull’immigrazione. Ammende per oltre 18.000 euro e sanzioni amministrative di 5.500 euro completano il quadro di un contesto che, invece di incarnare il rilancio sostenibile del Paese attraverso i fondi europei, si trasforma nell’ennesima dimostrazione di incuria e sfruttamento.
Di fronte a queste situazioni, emerge chiaramente l’importanza del lavoro svolto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), istituito nel 2015 e operativo dal 2017. Agenzia unica sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro, l’INL si occupa di vigilanza ordinaria e tecnica, contribuendo in maniera fondamentale al controllo dei rapporti lavorativi, della regolarità contributiva e della sicurezza in ambito lavorativo.
Con oltre 6.000 unità operative e circa 500 Carabinieri del Nucleo Tutela del Lavoro a supporto, l’Ispettorato svolge un ruolo di cerniera tra le esigenze di legalità e le necessità economiche. Le cronache, purtroppo, dimostrano che non basta: il personale è sotto organico, la mole di lavoro cresce, e i meccanismi sanzionatori troppo spesso si dimostrano inefficaci di fronte a un fenomeno ormai strutturale.
Quel che più colpisce è la reiterazione di questi casi in contesti pubblici o semi-pubblici, finanziati con risorse statali o europee. Che si tratti di fondi Pnrr o di opere post-sisma, il leitmotiv resta invariato: cantieri avviati sotto la spinta dell’urgenza, ma gestiti con leggerezza, spesso affidati a subappalti senza il necessario controllo sulla catena di responsabilità. Così, la sicurezza si trasforma da obbligo inderogabile a variabile di progetto. Una logica pericolosa, che mette a repentaglio vite umane.
Nonostante le leggi esistano - dal Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) fino alle direttive europee - l’applicazione resta frammentaria, spesso subordinata a controlli sporadici. E dove i controlli non arrivano, si insinua l’irregolarità.
L’impiego di manodopera non regolare, il ricorso sistematico al subappalto, la pressione per rispettare i tempi dei bandi pubblici: sono tutte dinamiche che minano alla base qualunque sforzo ispettivo. Le imprese, soprattutto quelle più piccole, si trovano tra l’incudine della concorrenza e il martello della burocrazia, e in questa morsa spesso sacrificano proprio ciò che dovrebbe essere intoccabile: la sicurezza dei lavoratori.