Si è concluso ieri con la visita al carcere perugino di Capanne, l’iter delle visite alle quattro case di reclusione dell’Umbria da parte del del Procuratore Generale di Perugia Sergio Sottani. Si è trattato di occasioni fondamentali per fare il punto della situazione sulle carceri della regione.

Dati alla mano, in generale la situazione emersa presenta diverse criticità relative soprattutto al sovraffollamento e ai problemi di salute della popolazione carceraria oltre a rimarcare l’endemica carenza di organico. Il carcere di Capanne, in particolare, è quello dove il sovraffollamento desta maggiore allarme ma non è il solo aspetto su cui riflettere. Quasi la metà dei detenuti a Perugia è affetta da problemi di tossicodipendenza e anche l’incidenza dei disturbi di natura psichiatrica è alta. Sottani, a seguito della visita, ha dichiarato che la situazione viene monitorata e che con le due Asl regionali è stato attivato un protocollo d’intesa per la gestione dei casi in cui a commettere il reato sia un soggetto con problemi psichiatrici.

Sottani su Capanne: “Il problema è la popolazione detenuta”

Alla Casa Circondariale di Perugia possono essere assegnati soltanto detenuti “comuni” e secondo quanto dichiarato da Sottani, il problema è proprio questo: la popolazione detenuta. A differenza di quanto accade negli istituti di pena di Spoleto e di Terni, quello di Capanne è “un carcere dove non ci sono detenuti di alta sicurezza, quindi terroristi o affiliati a organizzazioni camorristiche che in quanto associazioni criminali vengono tenute con il regime del 41 bis, ma è presente una popolazione di media sicurezza e popolazione comune“.

Una peculiarità che secondo il Procuratore Generale è la causa della maggiore incidenza dei problemi legati alle tossicodipendenze (215 detenuti su 461 ospitati ne soffrono, ovvero il 46,63% del totale) e dell’elevata percentuale di detenuti con problemi psichiatrici che è del 19,3%, ovvero 89 su 461.

Il protocollo con le Asl e a settembre l’incontro con i vertici

Sottani ha rimarcato che da luglio scorso è stato attivato un protocollo tra gli uffici giudiziari umbri e le Asl competenti, anche se come è emerso ieri a Capanne non è ancora stato attivato il reparto S.A.I., il Servizio di Assistenza Intensificato previsto per assicurare assistenza sanitaria ai detenuti che avrebbe inoltre garantito ulteriori 42 posti.

Oltre alla collaborazione con le Asl, mercoledì 4 settembre è fissato l’incontro con tutti i procuratori del distretto, con i direttori delle carceri, con i comandanti di polizia penitenziaria e con i responsabili dell’ufficio esecuzione penale esterna. “Proprio per avere un quadro ancora più completo della situazione” ha concluso Sottani.

Che cosa dice il protocollo siglato a luglio con le Asl umbre

Il protocollo con le Asl a cui fa riferimento Sottani è stato siglato il 23 luglio fa e riguarda nel dettaglio le misure di sicurezza detentiva da adottare rispetto ai detenuti affetti da disturbi psichiatrici. Il documento punta a una più efficace collaborazione tra i servizi di salute mentale sul territorio e l’autorità giudiziaria. Una collaborazione necessaria quella tra autorità giudiziaria e servizio sanitario che fissa alcuni punti fermi, in coerenza con quanto già stabilito dal Consiglio Superiore della Magistratura.

Nelle 16 pagine del protocollo vengono elencate nel dettaglio le linee guida da adottare “nel trattamento di soggetti affetti da problemi di salute mentale che possano essere sottoposti a procedimento penale e in questo ambito attinti da provvedimenti restrittivi della libertà personale“. Nel caso gli autori di reati presentino malattie mentali, il protocollo ribadisce la priorità della cura sanitaria necessaria secondo il principio di territorialità, ovvero garantire l’intervento dei servizi di salute mentale presso il territorio di residenza o di provenienza dell’interessato. Analogamente è riconosciuta centralità al progetto terapeutico individualizzato, limitando il ricovero il Rems (ovvero la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza rivolta a autori di reato con problemi psichiatrici o ritenuti socialmente pericolosi) solo ai casi nel cui le misure di sicurezza non detentive non siano praticabili.