Silvia Tabacchi non era solo una studentessa brillante, e questa non è una frase fatta. Lei era davvero così: appassionatadeterminata, capace di eccellere in tutto ciò che faceva. Diplomata con lode al Liceo Classico Tacito di Terni nel 2008, Silvia aveva continuato il suo percorso accademico con una laurea in Filologia Moderna all’Università della Tuscia, anche questa con lode, e un master alla Business School del Sole 24 Ore.

Non era mai soddisfatta a metà: voleva fare di più, e ci riusciva sempre. Silvia non era solo brillante negli studi, ma anche nella vita. Una persona generosa, sempre pronta ad aiutare gli altri, capace di creare legami autentici. Amava Snoopy, ed è a lui e ai Peanuts che dedicò la sua tesina del liceo.

Ed è proprio in questi anni che Silvia incontra Francesco Marigliani, un ragazzo coetaneo di Amelia che frequentava il liceo scientifico. I due iniziano una relazione, quella che agli occhi di molti sembrava una storia d’amore perfetta, durata più di 10 anni. Tuttavia, le apparenze spesso ingannano.

Silvia decide di porre fine alla loro storia, un atto che qualunque persona avrebbe il diritto di fare. Ma Francesco non lo accetta. La sua incapacità di gestire quella separazione non era amore, era qualcosa di diverso. Un’ossessione, un senso di possesso, qualcosa che lo porta a prendere decisioni che nessuno dovrebbe mai considerare. E così, il 17 marzo 2017, Francesco toglie la vita a sé stesso e a Silvia, una giovane donna che aveva ancora tutto davanti a sé. Un gesto che non trova giustificazione, perché non può esserci alcuna scusa per la violenza.

Silvia Tabacchi, un ulivo per ricordare e riflettere

Oggi 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’Università della Tuscia ha piantato un ulivo nel complesso di Santa Maria in Gradi. Questo gesto, carico di simbolismo, vuole trasformare il dolore in speranza, rendendo eterno il ricordo di Silvia.

Alla cerimonia erano presenti il rettore Stefano Ubertini, rappresentanti istituzionali e le tante persone che continuano a sentirsi legate alla sua memoria. “I giovani sono come alberi – ha detto il padre Antonio Tabacchi – hanno bisogno di radici solide per crescere e affrontare le difficoltà della vita”.

Ad accompagnare l’albero, un’installazione artistica realizzata da Daniela Lai, intitolata Amor Ti Parla. Composta da nove piatti ceramici, questa opera rappresenta con forza il dolore e le cicatrici lasciate dalla violenza. Un invito, per chi la osserva, a fermarsi e riflettere sulla responsabilità collettiva.

Una lezione che guarda al futuro

Il rettore ha ricordato come sia indispensabile educare le generazioni future al rispetto e alla consapevolezza: “Quello che è successo a Silvia accade troppo spesso. È nostro dovere insegnare a riconoscere i primi segnali e non ignorarli.”

Il vescovo Orazio Francesco Piazza ha poi aggiunto l’importanza di costruire una grammatica dei sentimenti, per imparare a scegliere con lucidità le proprie azioni. Parole che trovano eco nei ricordi di chi ha lavorato con Silvia, come il docente Valerio Viviani, che la descrive come “intelligente, curiosa, desiderosa di imparare”.

L’ulivo e l’installazione artistica non sono solo gesti commemorativi, ma moniti potenti. Sono lì per ricordare che ogni vittima della violenza ha un volto, una storia e un’eredità da proteggere. E, soprattutto, che nessuno dovrebbe mai voltarsi dall’altra parte.

Una panchina rossa per Silvia

Vasanello, il paese in provincia di Viterbo dove abitava Silvia, le è stata dedicata nel 2020 una panchina rossa, come simbolo di riflessione e rispetto. L’iniziativa, collocata in via Marconi, comprende una colonnina contenente i testi del concorso letterario “A Silvia”, uno spazio intitolato L’isola del rispetto, pensato per sensibilizzare sul tema della violenza di genere. La panchina, accompagnata da un lampione per l’utilizzo serale, rappresenta un luogo dove la comunità può ricordare Silvia e riflettere sull’importanza di contrastare ogni forma di violenza.