Una vita tra attivismo, studio, reti femministe e battaglie per i diritti. Silvia Menecali vive a Terni e presenterà un evento pubblico organizzato da Civiltà Laica sabato 22 giugno, al Salone Bazzani di Palazzo Gazzoli. Alle 17 si parlerà di movimenti anti-diritti, dei linguaggi e delle strategie usate per smantellare libertà conquistate a fatica. Ma anche di alleanze, di memoria, di mobilitazione. Con lei ci saranno Maria Cristina Valsecchi e Massimo Prearo.
Sociologa, attivista femminista, da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani, Menecali ha iniziato il suo percorso nei primi anni Novanta. È stata tra le fondatrici della Casa delle Donne di Terni e prima responsabile del centro antiviolenza cittadino, un'esperienza terminata nel 2018. "Con un piccolo gruppo di compagne organizzammo tutto da zero, senza sedi, senza supporti. Ci si riuniva nelle case, perché serviva un luogo che mancava: un centro che difendesse le donne dalla violenza".
Il suo attivismo è nato dal desiderio semplice, ma potente, di non voltarsi dall'altra parte. "Non potevo ignorare quello che avevo intorno. Mi è sempre sembrato inconcepibile non agire quando ci sono ingiustizie evidenti."
Nel tempo Menecali ha costruito un profilo anche a livello europeo: è entrata nella rete WAVE (Women Against Violence Europe) e ha seguito da vicino l'evoluzione di Agenda Europa, documento strategico dell'estrema destra religiosa europea. "Ne venni a conoscenza nel 2016 grazie alla rete: 134 pagine di follia antiscientifica, in cui si parlava apertamente di restaurazione di un presunto ordine naturale fondato su sessismo, omofobia e anti-darwinismo".
Ad allertare il fronte femminista europeo fu anche Neil Datta, coordinatore dell'European Parliamentary Forum on Sexual and Reproductive Rights. Fece circolare una sintesi che diceva con chiarezza: "fate attenzione, questa gente si organizza e ha una strategia precisa".
"Per anni", racconta Menecali, "ci siamo dette: evitiamo di parlarne, perché così gli togliamo visibilità. Ma nel frattempo i diritti venivano erosi. In Polonia si cancellava l'aborto, in Ungheria si ridefiniva la famiglia per legge."
Il convegno promosso da Civiltà Laica vedrà la partecipazione di due figure di riferimento. Massimo Prearo, ricercatore all'università di Verona, si occupa da anni di analizzare le strutture politiche, religiose ed economiche dei movimenti anti-diritti. "Grazie a lui possiamo decifrare i nessi che legano fondamentalismi e comunicazione conservatrice. Gli dobbiamo molto".
Accanto a lui ci sarà Maria Cristina Valsecchi, giornalista scientifica: "Si occupa di diritti sessuali e riproduttivi ed educazione sessuale". L'evento sarà coordinato da Menecali e da Giulia Grani, vicepresidente dell'associazione E Sedomani Terni LGBTQIA+ . "Saremo noi a guidare la discussione, ma il centro sarà tutto per chi ha dedicato studi e battaglie a questi temi."
Ma cosa sono i movimenti anti diritti? "Se io dovessi spiegare che cosa sono i movimenti anti-diritti, direi che sono gruppi che, fingendo di voler ristabilire un ordine basato su una presunta tradizione, in realtà mirano solo a controllare. Sostengono che esiste un solo modello valido di relazione, di genere, di famiglia, e dietro a questa finzione c’è l’unico vero obiettivo: potere. Perché dove ci sono regole imposte e rigide, ci sono pochi che comandano su molti. E a loro fa paura il fatto che siamo molti di più".
"Il nostro errore più grande", dice Menecali, "è stato per troppo tempo pensare che se non nominiamo certi gruppi, gli togliamo potere. Non è così. Mentre noi ci preoccupavamo di non dare visibilità, in Polonia veniva vietato l'aborto e in Ungheria si legiferava contro le famiglie arcobaleno."
Secondo Menecali, è indispensabile che tutte le realtà impegnate nella difesa dei diritti condividano saperi, si confrontino, si organizzino: "I movimenti anti-diritti ci colpiscono sfruttando le nostre divisioni. Noi dobbiamo essere più uniti, perché siamo di più. Ma dobbiamo crederci davvero".
Dietro la mobilitazione c'è anche un bisogno di umanità condivisa. "Organizzarsi significa non sentirsi soli. Quando capisci che altri hanno vissuto la tua stessa rabbia o il tuo stesso sgomento, trovi la forza per continuare".
Nella parte finale dell’incontro, quando le parole si fanno più lente ma anche più serie, Silvia Menecali ha detto due cose che chiariscono bene la direzione del suo impegno.
Prima ha parlato di un sogno: "Che tutte le organizzazioni, i collettivi, le soggettività che difendono i diritti umani, sessuali e riproduttivi trovino un terreno comune. Che si parli, che si condividano saperi, che si costruisca qualcosa insieme. Non per omologare, ma per riconoscersi in una stessa battaglia." Niente sentimentalismi, solo un’idea semplice: smettere di andare in ordine sparso.
Ha fatto una pausa, poi ha detto quello che in tanti pensano ma pochi si prendono la briga di dire chiaramente: "Non saprei dire se siamo messi meglio o peggio rispetto agli anni ’90. Di certo viviamo una fase storica in cui, in Europa come negli Stati Uniti, le destre estreme si rafforzano. E quando la società è in crisi, chi propone soluzioni semplici e trova nemici visibili vince."
“Le libertà individuali fanno paura a chi vuole potere. Non è un caso che il bersaglio siano sempre i corpi delle donne, delle persone migranti, delle persone LGBT+. Non possiamo permetterci di rimanere disorganizzati”.