L’Umbria, culla di arte e spiritualità, a lungo è stata il crocevia di alcuni fra gli artisti più illustri di tutti i tempi. Sulla via per Roma, il cuore verde d’Italia nel corso dei secoli è diventato lo scrigno di una immensa ricchezza artistica che continua a riservare molte sorprese ancora oggi. Non di rado capita infatti che gli studiosi rivelino nuove testimonianze di quella linfa artistica che non si è mai esaurita. Proprio come recentemente è accaduto a Città di Castello dove un’opera a lungo ritenuta di dubbia attribuzione, si è invece rivelata essere di Luca Signorelli, tra i maggiori e più raffinati interpreti della pittura rinascimentale, che con la città ebbe un profondo legame. Sottoposta a un accurato restauro integrale, questo gioiello verrà rivelato al pubblico nella sua veste migliore sabato prossimo nella Pinacoteca Comunale.

La Pala di Santa Cecilia e il travagliato percorso prima dell’attribuzione a Signorelli

L’opera in questione è la grande Pala di Santa Cecilia che durante i secoli ne ha viste, letteralmente, di tutti i colori. Presente fin dal 1912 nella Pinacoteca tifernate, pesantemente ridipinta, per oltre un secolo fu ritenuta opera di un pittore eugubino, Pietro Baldinacci. Un’iniziale attribuzione che per oltre un secolo ne segnò l’oblio. Destinata al Louvre, su indicazione del primo direttore Vivant Denon, stretto collaboratore di Napoleone, furono le sue imponenti dimensioni (due metri per tre) a impedirne l’espatrio. Smembrata, una sorte peggiore toccò invece alla predella. Trafugata dai nazisti, fu miracolosamente ritrovata nel 1945 fra i capolavori destinati al museo immaginario di Hitler. 

La prima intuizione di una possibile paternità dell’opera riconducibile al Signorelli, venne dieci anni fa allo studioso umbro Raffaele Caracciolo. Ora grazie al restauro viene confermata. Con il cantiere allestito direttamente dentro alla Pinacoteca Comunale, l’intervento che ha messo in luce l’attribuzione è stato finanziato dall’Università E-Campus tramite l’Art Bonus. Oggi la ripulitura ha restituito l’opera al suo originario splendore. È emerso il cielo azzurro ed è stato recuperato il San Francesco con le stimmate incise sul legno.

La Vergine ha ritrovato il tipico manto blu notte delle Madonne di Signorelli, senza le calzature posticce che le erano state aggiunte, così come il Bambino è nell’aspetto originario, libero dalle successive giustapposizioni. A coronamento di questo percorso, il rinvenimento della firma del Signorelli. Nella veste di Santa Caterina sono infatti affiorate le sue iniziali (‘LV-CA’) e l’anno di esecuzione, il 1516.

La pala del Signorelli di Città di Castello torna al suo splendore originario

Erano secoli che la pala di Santa Cecilia aveva perso il suo aspetto originale – hanno commentato il sindaco Luca Secondi e Michela Botteghi, assessora alla Cultura -. Oggi possiamo vederla come appariva ai nostri concittadini del Cinquecento: un privilegio che non accade spesso e per il quale ringraziamo l’Università E Campus, che ha finanziato il progetto di restauro“. 

L’intervento ha coinvolto una vasta rete di soggetti. Ideato dal ricercatore Giuseppe Sterparelli, è stato condotto da Paolo Pettinari sulla pellicola pittorica, Marco Santi sul supporto ligneo e Francesca Rosi nelle indagini scientifiche, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria. Coinvolti anche il CNR e l’Università di Perugia.

Lo svelamento dell’opera integralmente restaurata con la nuova attribuzione ci sarà sabato 28 dicembre nella pinacoteca cinquecentesca di Città di Castello. Per l’occasione interverrà Tom Henry, Professore Emerito della Kent University e massimo esperto di Luca Signorelli, che ufficialmente proporrà la nuova autografia “Luca Signorelli e Bottega”.

Esistono molti modi di celebrare un artista – ha scritto Henry in proposito – e solitamente i restauri oltre alle mostre sono gli strumenti migliori. Questo intervento permette di valorizzare non solo la Pala di Santa Cecilia, ma anche di ridare la giusta attenzione alla tarda attività di Luca Signorelli, che si rivela cruciale per capirne veramente il percorso e la storia. E il lavoro di Signorelli a Città di Castello riveste un ruolo di primaria importanza, anche per la formazione del giovane Raffaello“.

Grande soddisfazione anche da parte di Francesco Pietro Polidori di Università E-Campus. “Abbiamo seguito idealmente l’esempio di un nostro illustre concittadino, Alberto Burri, che rese possibile il restauro degli affreschi di Luca Signorelli a Morra, nel nostro comprensorio, esattamente cinquant’anni fa” ha commentato.