Il Tribunale di Perugia ha emesso una sentenza significativa che rafforza i diritti degli utenti del servizio idrico contro pratiche di addebito ingiustificate. La sentenza n. 1129/2024, pronunciata dal giudice Edoardo Postacchini, ha rigettato l’appello di Umbra Acque contro una precedente decisione del Giudice di Pace di Perugia, Cristiana Cristiani, che aveva accolto il ricorso di un utente supportato dal Comitato Umbro Acqua Pubblica e assistito dall’avvocato Sandro Ponziani.

La causa ha avuto inizio con il ricorso presentato da Piero Consalvi al Giudice di Pace di Perugia. Consalvi, assistito dal Comitato Umbro Acqua Pubblica e dall’avvocato Ponziani, chiedeva il rimborso degli importi addebitati indebitamente da Umbra Acque per la quota di depurazione, nonostante l’assenza di un impianto di depurazione funzionante al suo servizio. La questione ruotava attorno alla sentenza della Corte Costituzionale n. 335/2008, che aveva dichiarato illegittimo il balzello della depurazione in mancanza del relativo servizio.

In primo grado, il Giudice di Pace aveva condannato Umbra Acque a rimborsare Consalvi per la quota di depurazione non dovuta, applicando una prescrizione decennale ai sensi dell’articolo 2946 del Codice Civile. La decisione si basava sul principio che il rimborso dovesse essere considerato come una somma unitaria da restituire all’utente, in quanto indebitamente percepita.

Il Tribunale di Perugia ha respinto le argomentazioni di Umbra Acque con una sentenza significativa

Umbra Acque aveva impugnato la sentenza di primo grado, sostenendo che la prescrizione per il rimborso dovesse essere quinquennale e non decennale, e che la sentenza della Corte Costituzionale dovesse applicarsi solo dalla sua emissione in poi. Il Tribunale di Perugia, tuttavia, ha rigettato queste argomentazioni, confermando la decisione del Giudice di Pace.

Il Tribunale ha ribadito che il pagamento eseguito dall’utente è da considerarsi indebito e che la prescrizione applicabile è decennale, in conformità all’articolo 2033 del Codice Civile. Inoltre, ha giudicato infondata la tesi di Umbra Acque secondo cui la determinazione della somma da rimborsare spetterebbe esclusivamente al gestore. Il Tribunale ha sottolineato che, in mancanza di tale determinazione, è legittimo procedere a una determinazione giudiziale nell’ambito di un contenzioso.

Questa sentenza ha implicazioni significative per tutti gli utenti del servizio idrico a cui sono state addebitate somme per la depurazione senza che ne ricorressero i presupposti di legge. Gli utenti potranno ora far valere il loro diritto al rimborso delle somme indebitamente corrisposte o alla non corresponsione delle somme ancora non pagate richieste a tale titolo.

Dibattito sulla gestione di Umbra Acque e sulle pratiche di addebito

La vicenda ha anche acceso un dibattito sulla gestione di Umbra Acque e sulle sue pratiche di addebito. L’approccio restrittivo adottato dall’Ambito Territoriale Integrato e da Umbra Acque, volto a limitare i rimborsi ai soli cinque anni precedenti la domanda, è stato criticato per essere lesivo dei diritti degli utenti. Questa politica ha ora ricevuto una chiara smentita giudiziaria, rafforzando l’idea che le aziende pubbliche debbano operare con trasparenza e correttezza nei confronti dei cittadini.

La sentenza potrebbe aprire la strada a ulteriori ricorsi da parte degli utenti che hanno subito addebiti ingiustificati per la depurazione. Sarebbe inoltre opportuno un intervento legislativo per chiarire le modalità di rimborso e per prevenire future controversie di questo tipo.

La sentenza significativa del Tribunale di Perugia conferma che le somme indebitamente percepite devono essere rimborsate con una prescrizione decennale, riaffermando il principio di equità e giustizia. È perciò necessaria una gestione più trasparente da parte di Umbra Acque di un bene pubblico come l’acqua, a tutela dei diritti dei cittadini.

Gli utenti che si trovassero in situazioni simili sono ora incoraggiati a far valere i propri diritti giudizialmente, sapendo di poter contare su un importante precedente giuridico. Questa sentenza indica che la giustizia può prevalere anche nelle controversie più complesse e che i diritti dei consumatori devono essere rispettati senza eccezioni.