La scuola in Umbria sta per riaprire le porte agli studenti, ma per molti insegnanti il ritorno in aula è sinonimo di incertezza. Per quanto riguarda l’Umbria (anche se è un fenomeno che abbraccia tutta la penisola), è emerso un dato allarmante: un quarto degli insegnanti lavora con contratti a tempo determinato. Sono quindi precari. 

Anno dopo anno, la situazione sembra peggiorare, senza che nessuno riesca a trovare una soluzione. Il precariato è ormai una ferita aperta che rischia di minare la qualità dell’istruzione, colpendo insegnanti e alunni allo stesso modo.

Scuola, un docente su quattro in Umbria è precario

Secondo quanto affermato da Erica Cassetta, segretaria generale della Cisl Scuola Umbria, la percentuale di docenti precari è altissima: “In media la percentuale degli insegnanti con un contratto a tempo determinato si aggira intorno al 25 per cento, in pratica uno su quattro è precario”, dice al Corriere dell’Umbria. Un dato che da solo dovrebbe far riflettere, ma che si aggrava ulteriormente nel caso del sostegno. Qui la situazione è ancora più critica, con la percentuale che raggiunge il 50%. Non solo numeri, ma persone: insegnanti che ogni anno non sanno se e dove verranno confermati.

La carenza di docenti di sostegno si è fatta particolarmente sentire. “Va ancora peggio per quanto riguarda il sostegno, dove questa percentuale sale al 50 per cento”, prosegue Cassetta. Questo significa che gli alunni con disabilità rischiano di non ricevere l’attenzione e l’assistenza di cui hanno bisogno. Il sistema scolastico fatica a rispondere a queste esigenze fondamentali, e le assunzioni di nuovi insegnanti sono poche e insufficienti. Solo 459 docenti sono stati immessi in ruolo nelle scuole umbre: 18 all’infanzia, 54 alla primaria, 96 alle scuole secondarie di primo grado e 291 alle secondarie di secondo grado. Numeri che sembrano una goccia nel mare del precariato.

Non solo docenti, anche il personale amministrativo è ridotto all’osso. Le segreterie delle scuole umbre sono in crisi, coperte solo al 30% del loro fabbisogno. Tra montagne di carte, scadenze e richieste, il personale ATA è allo stremo. Erica Cassetta denuncia: “Una ulteriore complicazione nasce quest’anno dalle immissioni in ruolo del concorso Pnrr che di fatto impedisce assunzioni degli idonei 2020 e 2024”. Le segreterie sono ormai schiacciate dal peso di una burocrazia infinita, con meno risorse a disposizione per gestire la mole di lavoro.

Sindacati sul piede di guerra

La situazione ha spinto i sindacati a passare all’azione. Moira Rosi della Cgil Scuola Umbria dichiara: “Abbiamo presentato una diffida al Ministero per ottenere risposte immediate e tempestive. Non si possono lasciare nel limbo migliaia di insegnanti precari che attendono una stabilizzazione”. La richiesta è chiara: stabilizzare i docenti, soprattutto coloro che attendono da anni di vedere riconosciuti i propri diritti. “Il problema del precariato non è solo una questione di numeri, ma riguarda la dignità di migliaia di lavoratori che ogni anno si trovano a vivere nell’incertezza”, afferma Rosi, lanciando l’allarme per un sistema che rischia il collasso se non si interviene con rapidità.

Una problematica che abbraccia tutto lo stivale

Nel 2024, la situazione degli insegnanti precari in Italia ha raggiunto livelli record, con circa 300.000 docenti, pari a uno su quattro, che lavorano con contratti a tempo determinato. Questa condizione riflette una problematica strutturale nel sistema scolastico, aggravata dalla difficoltà di assumere a tempo indeterminato anche attraverso le procedure concorsuali. Nonostante i numerosi concorsi banditi negli ultimi anni, molte cattedre restano vacanti, e il ricorso a supplenti è diventato una soluzione di emergenza sempre più frequente.

Uno degli aspetti più critici riguarda i docenti di sostegno. Nel 2023, il 59% degli insegnanti di sostegno era precario, una percentuale che continua a crescere in mancanza di adeguate politiche di stabilizzazione​. Questa situazione ha portato a un’esplosione di contratti a tempo determinato, soprattutto nei ruoli legati al supporto educativo per gli alunni con disabilità, creando discontinuità didattica e incertezza per le famiglie.