Contratto a termine, anni e anni di precariato: è questa la realtà quotidiana di moltissimi insegnanti. Il tribunale del lavoro di Perugia ha riconosciuto a una docente precaria un risarcimento di oltre 41 mila euro, ponendo fine a oltre vent’anni di contratti a termine rinnovati senza giustificazioni valide. Un risarcimento che non si limita a riparare il danno subito, ma sancisce la fine di un’era di abusi nei confronti dei lavoratori pubblici.

Il caso di una docente di religione cattolica con un contratto a termine da 20 anni

La protagonista di questa vicenda è una docente umbra di religione cattolica, che dal 1999 ha prestato servizio ininterrottamente con contratti a termine rinnovati automaticamente. Nonostante la sua lunga carriera, non ha mai avuto la possibilità di accedere a un concorso per l’assunzione stabile. Nel 2004 l’ultimo bando per insegnanti di religione, ma la stabilizzazione è rimasta un miraggio. Per due decenni, la docente ha vissuto nell’incertezza, con contratti annuali e una costante precarietà, sino all’ultimo rinnovo nel 2022.

La situazione della docente non è un caso isolato. Ogni anno, migliaia di insegnanti in Italia si trovano costretti a lavorare con contratti a termine senza alcuna sicurezza. Il ritardo nell’indizione di concorsi pubblici per l’assunzione di docenti di religione ha creato una situazione di precariato cronico con un contratto a termine che ha investito il sistema scolastico italiano. Il sistema delle supplenze è diventato il rifugio per molti professionisti (e spesso le cattedre rimangono vuote) che, pur avendo le qualifiche necessarie, non sono mai riusciti ad accedere a un posto stabile.

La decisione che del tribunale del lavoro ribalta le regole del gioco

Il tribunale ha deciso che l’ennesima ripetizione dei contratti era illegittima. Secondo la legge italiana e la normativa europea, i contratti a termine devono essere giustificati da necessità temporanee. Ma in questo caso, il ministero dell’Istruzione non ha mai fornito motivazioni sufficienti per una continua reiterazione. Inoltre, la stabilizzazione del personale precario è stata rimandata più e più volte, creando una situazione di incertezza cronica per i docenti coinvolti. La corte ha decretato che la procedura di stabilizzazione avviata nel 2022 non fosse altro che un’illusione, con il concorso che offriva solo “una possibilità di assunzione e non una certezza”.

La sentenza di Perugia ha sottolineato l’urgenza di un cambiamento radicale nella gestione dei contratti a termine. La reiterazione dei contratti senza una vera stabilizzazione non solo è dannosa per i lavoratori, ma mina anche la qualità dell’istruzione, dato che un insegnante precario non ha la stessa serenità lavorativa di chi è stabile nel proprio ruolo.

Un risarcimento che fa scuola

Il risarcimento di 41.114,72 euro riconosciuto alla docente non è solo una compensazione economica per l’abuso subito. Si tratta di una decisione con una forte valenza simbolica, che potrebbe aprire la strada a centinaia di altri ricorsi. Questa sentenza si inserisce infatti nel quadro delle recenti modifiche introdotte dal Decreto legge 131/2024, che ha aggiornato la legislazione italiana in materia di contratti a termine nel settore pubblico, uniformandola alle direttive europee. I giudici hanno considerato vari fattori nella determinazione dell’importo, tra cui la durata del rapporto di lavoro, il numero di contratti e la gravità dell’abuso.

Il futuro della scuola italiana,

Questa sentenza non è solo un risarcimento individuale, ma un segnale che il sistema scolastico italiano potrebbe essere chiamato a rivedere la sua struttura. La precarietà non può più essere tollerata in un settore che forma le future generazioni. La strada per i precari sembra essere tracciata, ma quanto ci vorrà perché tutte le ingiustizie vengano risolte? La risposta potrebbe arrivare da altre sentenze come questa, che finalmente diano voce a chi per troppo tempo è rimasto inascoltato.