Un’importante scoperta archeologica arricchisce la conoscenza dell’antica Iguvium: durante un progetto di valorizzazione promosso dal Ministero della Cultura, le studiose Ilaria Venanzoni e Laura Cerri hanno portato alla luce – grazie a indagini geofisiche – una struttura a quadriportico situata alle spalle del Teatro Romano, in un’area rimasta fortunatamente inedificata. L'annuncio nell'ambito della Festa delle Tavole che si tiene a Gubbio nei giorni 11 e 12 luglio.
Un risultato che non solo fornisce nuovi elementi per ricostruire l’assetto urbano della città romana, ma che apre anche suggerenti ipotesi sulla funzione originaria della struttura, forse legata alle celebri Tavole Eugubine.
“Non ci aspettavamo una scoperta così chiara, così leggibile. È stato un momento emozionante”, ha raccontato Venanzoni con entusiasmo.
L’intervento, realizzato due anni fa grazie a un finanziamento del Ministero della Cultura, aveva come obiettivo la valorizzazione del Teatro Romano di Gubbio e del suo contesto urbano. Le studiose, entrambe topografe, hanno avviato una ricerca estensiva di tipo geognostico, utilizzando magnetometria e georadar – tecnologie che permettono di esplorare il sottosuolo senza ricorrere a scavi invasivi.
“Questi strumenti ci consentono di indagare ampie aree in modo economico e non distruttivo, conservando le tracce archeologiche”, ha spiegato Laura Cerri.
Le indagini si sono concentrate su una superficie di circa 15 ettari, in particolare attorno al teatro e nella zona della Guastuglia. Le immagini satellitari – come quella di Google Earth del 2017 – già lasciavano intuire tracce di strutture sepolte, che le indagini magnetiche hanno confermato e dettagliato.
“La magnetometria ci ha restituito una mappa ricchissima di anomalie. In particolare, è emersa una rete ordinata di isolati e strade, tipica delle città romane”, ha sottolineato Cerri.
Nel cuore di questa maglia urbana regolare, spicca una struttura rettangolare circondata da portici: un quadriportico, con all’interno uno spazio apparentemente libero e su uno dei lati una piccola struttura che fa pensare a un tempietto.
La struttura – non allineata con il teatro né con la maglia ortogonale urbana – ha colpito subito le due ricercatrici, che hanno cercato un riscontro presso studiosi di riferimento.
“Abbiamo chiamato il professor Ancillotti. Eravamo emozionate, ci sembrava davvero un quadriportico con un tempio. Lui ci ha ascoltate con attenzione e ci ha detto: ‘Mi sembra molto interessante, è possibile’”, ha raccontato Venanzoni. “Poi ci ha messo in contatto con il professor Calderini, che ci ha fornito ulteriori conferme, anche sulla base di una fonte cinquecentesca che menziona un criptoportico in quell’area.”
Da lì è nata l’idea, ancora in ambito ipotetico ma suggestivo, che questa struttura possa essere legata in qualche modo al luogo di esposizione o ritrovamento delle Tavole Eugubine.
“Siamo nel campo dei sogni, ma ci piacerebbe pensare che quel quadriportico abbia avuto una funzione rituale o simbolica legata alle Tavole”, ha confessato Venanzoni.
La forma quadrangolare, la posizione strategica e la presenza di una struttura centrale fanno pensare a un luogo speciale, forse utilizzato per cerimonie o riti.
La presenza di due strade che si interrompono irregolarmente nella zona del quadriportico fa ipotizzare che si tratti di un edificio anteriore alla regolare pianificazione urbana romana, e che la città si sia successivamente adattata alla sua esistenza.
“Potrebbe trattarsi di una struttura sacra preesistente al teatro, intorno alla quale si è poi sviluppata la città romana”, ha spiegato Cerri. “Solo uno scavo potrà dirci di più sulla sua funzione e sulla sua datazione.”
Le studiose hanno annunciato che, grazie a nuove risorse messe a disposizione dal Ministero, l’anno prossimo verranno realizzati alcuni saggi di riscontro, per verificare lo stato di conservazione delle strutture e tentare una datazione più precisa.
“Il georadar ci ha dato molte informazioni, ma la cronologia resta un’incognita. Solo lo scavo stratigrafico potrà confermare se siamo davvero davanti a un tempio, o se il quadriportico aveva un’altra funzione”, ha dichiarato Venanzoni.
Nel corso della presentazione, le due archeologhe hanno anche sottolineato l’importanza della comunicazione scientifica, della divulgazione e del coinvolgimento delle giovani generazioni.
“Pensiamo che progetti come questo debbano parlare anche ai più giovani. L’archeologia non è solo polvere e cocci, ma può essere avventura, scoperta e identità”, ha detto con convinzione Cerri.
L’idea è quella di valorizzare la scoperta non solo a fini scientifici, ma anche educativi e turistici, con percorsi multimediali, visite guidate e attività didattiche.
Nata come ricerca tecnica di supporto alla valorizzazione del Teatro Romano, questa scoperta si è trasformata in una chiave di lettura nuova dell’antica Gubbio.
Un modo per ricucire il passato con il presente, per raccontare la città attraverso le sue stratificazioni, per immaginare nuove connessioni tra archeologia e identità locale.
“Ci piacerebbe che questo quadriportico diventasse parte della narrazione pubblica di Gubbio. È un pezzo importante della sua storia romana, forse uno dei più affascinanti”, ha concluso Venanzoni.
I risultati delle indagini sono già stati pubblicati in due contributi:
Un articolo divulgativo su “Archeo”
Un saggio scientifico in un volume curato dalla Direzione Regionale dei Musei dell’Umbria
Entrambe le pubblicazioni sono accessibili online e consultabili gratuitamente.
“Chi volesse approfondire troverà dati tecnici, immagini, mappe e interpretazioni. Siamo felici di condividerli con chi ama la storia e l’archeologia”, ha detto Cerri.
Mentre la ricerca prosegue, Gubbio si ritrova con un nuovo protagonista silenzioso: un antico quadriportico rimasto per secoli nascosto sotto terra.
Forse tempio, forse luogo cerimoniale. Forse – nei sogni delle sue scopritrici – custode delle Tavole Eugubine, o luogo del loro culto.
Quel che è certo è che la storia di Gubbio continua a sorprenderci, e che il lavoro di Venanzoni e Cerri ha aperto una nuova finestra sul passato, dove la scienza si intreccia con l’ipotesi, l’immaginazione con il dato, il rigore con la passione.
“È una scoperta che parla a Gubbio, ma anche all’Italia intera. Una città che continua a raccontare, scavando sotto i suoi piedi.”