Negli ultimi giorni, nei pressi di San Martino in Trignano, una frazione alla periferia di Spoleto, è stata riportata alla luce un’importante necropoli etrusco-romana, un ritrovamento che potrebbe fornire nuovi elementi di studio sul passato della regione. L’eccezionale scoperta è avvenuta durante i lavori di riqualificazione dell’area, condotti dalla Valle Umbra Servizi (VUS) per l’adeguamento della rete fognaria e idrica, e ha subito attirato l’attenzione degli archeologi e della Soprintendenza, che si sono prontamente attivati per mettere in sicurezza e catalogare i resti.
Secondo le prime analisi, le sette sepolture rinvenute apparterrebbero a un periodo compreso tra l’epoca etrusca e quella romana, ipotizzando quindi una continuità di utilizzo dell’area cimiteriale per diversi secoli. Il dato più significativo riguarda la tipologia delle tombe, identificate come “tombe a cappuccina”, una forma di sepoltura comune nell’antichità, specialmente destinata alle classi sociali meno abbienti. In questo tipo di struttura, il corpo del defunto veniva adagiato su una base di coppi di terracotta e poi ricoperto con gli stessi materiali disposti a triangolo, richiamando la forma del cappuccio di un frate.
Uno degli elementi più curiosi riguarda il ritrovamento di un bastone di legno accanto a uno dei defunti, il cui significato è ancora oggetto di studio. L’ipotesi più accreditata è che potesse trattarsi di un simbolo di status sociale o di una funzione specifica all’interno della comunità.
Questa scoperta non è un caso isolato nel contesto spoletino. Il territorio umbro è da sempre una fucina di ritrovamenti archeologici di grande rilievo, che confermano la densità di insediamenti antichi nella regione. In particolare, Spoleto ha restituito nel tempo testimonianze preziose della civiltà degli Umbri, popolo preromano la cui cultura e organizzazione sociale sono ancora in fase di approfondimento da parte degli studiosi.
Un altro sito di eccezionale valore è quello di Piazza d’Armi, sempre nel territorio spoletino, dove in passato sono state rinvenute importanti necropoli e reperti legati alla popolazione umbra. Tra questi spiccano gli scettri e le fibule in argento, manufatti che oggi rappresentano uno dei simboli più rappresentativi della cultura umbra antica. Dopo un lungo periodo di restauro, questi reperti potrebbero presto fare ritorno a Spoleto per essere esposti e valorizzati.
La storia di questa popolazione ha recentemente suscitato interesse a livello nazionale, tanto che l'ex Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, aveva dichiarato di possedere un tatuaggio raffigurante uno degli scettri umbri sul braccio sinistro. Questo legame simbolico con il patrimonio archeologico della regione potrebbe dare nuovo impulso alle campagne di scavo e alla valorizzazione dei ritrovamenti esistenti.
Il ritrovamento di San Martino in Trignano potrebbe costituire una piccola porzione di un complesso funerario molto più ampio, che potrebbe estendersi ben oltre i limiti dei lavori attualmente in corso. Secondo gli esperti, è possibile che l’area fosse abitata principalmente da operai e agricoltori, come suggerito dall’assenza di manufatti di particolare pregio nei pressi delle sepolture. Tuttavia, ulteriori scavi potrebbero rivelare zone della necropoli destinate a classi sociali più elevate, potenzialmente arricchendo il quadro archeologico con corredi funerari più elaborati.
Un altro aspetto interessante è il possibile collegamento con altre necropoli presenti nel territorio umbro. Numerose tombe simili sono state scoperte lungo la Valle del Tevere, così come in aree limitrofe come Todi e Orvieto, confermando che il modello delle tombe a cappuccina era ampiamente diffuso e utilizzato in epoca etrusco-romana. In particolare, a Ferentillo, nella vicina Valnerina, sono stati rinvenuti resti di insediamenti funerari etruschi che potrebbero appartenere allo stesso periodo della necropoli di San Martino in Trignano.
La notizia del ritrovamento ha suscitato curiosità e dibattito tra residenti e commercianti della zona. Alcuni testimoni riferiscono di aver visto almeno sei delle sepolture prima dell’arrivo degli archeologi, mentre altri sottolineano come il sito potrebbe nascondere ancora molte altre testimonianze del passato.
La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria è attualmente impegnata nella catalogazione dei reperti e nella valutazione delle possibili estensioni della necropoli. L’obiettivo sarà quello di comprendere la reale portata del sito e decidere se proseguire con una campagna di scavo più ampia o limitarsi a preservare le sepolture già emerse.
Se confermata l’importanza del ritrovamento, si potrebbe aprire la strada alla creazione di un percorso archeologico che colleghi le diverse aree di interesse storico presenti nel territorio spoletino. Un’iniziativa di questo tipo potrebbe avere un impatto significativo sul turismo culturale, attirando visitatori interessati alla storia dell’Umbria preromana e generando nuove opportunità per la valorizzazione del patrimonio locale.
La presenza di un’importante necropoli etrusco-romana a pochi passi da Spoleto potrebbe inoltre stimolare l’attenzione del Ministero della Cultura, spingendo per nuovi finanziamenti destinati a ricerche archeologiche. Questo potrebbe tradursi in un rafforzamento delle attività di scavo e in un’accelerazione delle pratiche di restauro per reperti già individuati, come nel caso degli scettri umbri attualmente in fase di restauro.
La scoperta della necropoli di San Martino in Trignano è solo l’ennesima conferma della straordinaria ricchezza storica dell’Umbria, una regione che continua a rivelare testimonianze del passato di grande valore. Con il giusto supporto istituzionale e una strategia mirata alla valorizzazione del patrimonio archeologico, Spoleto potrebbe presto diventare uno dei centri di riferimento per lo studio delle civiltà etrusco-romane e umbre, attirando studiosi, turisti e appassionati di storia.
Le prossime settimane saranno importanti per determinare il futuro di questo sito e capire quanto ancora ci sia da scoprire sotto il suolo umbro. Ma una cosa è certa: questa scoperta offre una nuova prospettiva sulla storia di Spoleto e sulle popolazioni che l’hanno abitata, consolidandone il ruolo di crocevia culturale tra l’antichità e il presente.