Nel nuovo piano ambientale allegato all’accordo di programma per AST, viene confermato il trasporto su gomma delle scorie fuse. È su questo elemento che parte una polemica serrata: Italia Nostra denuncia un’occasione mancata per la sicurezza, dopo l’incidente mortale del giovane Sanderson Mendoza. La Fiom Cgil respinge le accuse, rivendica le mobilitazioni e definisce la critica “strumentale e irrispettosa”.
È scontro aperto a Terni, insomma, sulla gestione del trasporto delle scorie incandescenti dell’acciaieria Arvedi AST, confermata - secondo Italia Nostra - anche dopo la firma dell’Accordo di programma tra azienda, Comune, Regione e Governo. Per l’associazione ambientalista, il documento evidenzia la volontà di non cambiare il sistema logistico interno all’area a caldo, dove tre mesi fa ha perso la vita Sanderson, giovane operaio della ditta Tapojarvi. Di diverso avviso la Fiom Cgil, che rivendica un accordo sindacale siglato all’indomani del tragico evento, risultato di sei giorni di sciopero, e definisce la polemica “strumentale e lesiva del lavoro fatto per garantire la sicurezza”.
Secondo quanto denunciato da Andrea Liberati, al vertice di Italia Nostra Terni, a pagina 19 del Piano ambientale allegato all’accordo di programma è riportato che le scorie continueranno a essere movimentate tramite “mezzi che trasportano le paiole con le scorie fuse (kress e kirow)”. Una scelta, si legge nella nota, che non modifica quanto accadeva prima dell’incidente e che “conferma la volontà di mantenere un sistema obsoleto e rischioso, senza alcuna innovazione tecnologica né automatizzazione”.
Liberati sottolinea come l’accordo non imponga vincoli all’azienda né introduca soluzioni alternative al trasporto su gomma. “Era possibile prevedere impianti meccanizzati o su binari, ma si è deciso di non intervenire. Si conferma così, nero su bianco, che nulla cambierà. Un’occasione persa per la città e per la sicurezza dei lavoratori”, si legge nella nota.
La replica è arrivata tramite una nota ufficiale del segretario generale della Fiom Cgil di Terni, Alessandro Rampiconi, che contesta l’impostazione di Italia Nostra e precisa che “le questioni relative alla sicurezza nei reparti produttivi non rientravano tra gli obiettivi dell’accordo di programma”. Rampiconi ricorda che, subito dopo l’incidente, la Fiom ha indetto sei giorni di sciopero dell’area a caldo, da cui è scaturito un protocollo con aumento delle pause, incremento degli organici, introduzione di una squadra di pronto intervento per la viabilità interna e una nuova organizzazione del trasporto scorie: “il mezzo Kirow viene oggi utilizzato solo per le paiole vuote, mentre per il materiale incandescente si fa uso esclusivo del Kress, ritenuto più sicuro dai lavoratori”.
Il sindacato precisa inoltre di aver avviato da tempo un’interlocuzione con la ditta Tapojarvi e annuncia la propria intenzione di costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario sull’incidente, sottolineando che “la Fiom è l’unica organizzazione sindacale ad aver formalmente intrapreso questa strada”.
La divergenza tra le due posizioni si gioca sul ruolo da attribuire all’accordo di programma: Italia Nostra lo ritiene un’occasione strutturale per intervenire anche sugli aspetti operativi e impiantistici legati alla sicurezza; la Fiom, al contrario, lo considera uno strumento economico e urbanistico, affiancato da altri percorsi sindacali e tecnici già in atto.
Mentre il confronto tra le parti si consuma a colpi di comunicati pubblici, il tema della sicurezza all’interno dello stabilimento e delle modalità di gestione delle lavorazioni più rischiose resta al centro dell’attenzione anche in vista degli sviluppi dell’inchiesta giudiziaria. L’Accordo di programma prosegue nel suo iter attuativo, ma il confronto sulla sua portata effettiva, e sul rapporto tra le misure adottate e la memoria dell’incidente, è tutt’altro che concluso.