A Terni, gli scavi archeologici in largo Cairoli stanno rivelando pezzi importanti della storia romana della città, alimentando ipotesi e scoperte che potrebbero ridisegnare il quadro della Terni antica. Gli archeologi, ritornati a lavorare nella cosiddetta zona C, hanno rinvenuto frammenti di vasellame risalenti al terzo secolo a.C., la stessa profondità a cui sono emersi blocchi di pietra che potrebbero costituire le basi delle mura della Terni romana. Sebbene si tratti di frammenti, detti “coccetti” in gergo, il loro valore storico è altissimo: non solo confermano l’esistenza di un insediamento romano, ma suggeriscono che si tratti delle fondamenta di una cinta muraria, un elemento cardine nella difesa e nella delimitazione delle antiche città.
Questa non è la prima volta che, in questa zona di Terni, emergono testimonianze della storia antica. Già durante la costruzione dell’edificio che ospitava il negozio Marcelloni, erano stati trovati blocchi di pietra antichi, e, in piazza Valnerina, poco distante, erano stati individuati i basamenti di una struttura che sembrava un mausoleo. L’ipotesi che si tratti delle mura della Terni romana è quindi rafforzata dai continui ritrovamenti. Questi nuovi frammenti di vasellame offrono ulteriori indizi sulla vita quotidiana e sulle attività che si svolgevano nell’area in epoca romana, aggiungendo valore alla scoperta delle possibili fondazioni della cinta muraria.
La Soprintendenza ha stabilito di non seppellire i reperti a due metri di profondità
La Soprintendenza ha deciso di portare avanti gli scavi in largo Cairoli senza esitazioni, dando l’autorizzazione a continuare gli scavi archeologici con l’obiettivo di identificare con maggiore certezza e datare i reperti. Inoltre, la Soprintendenza ha stabilito che i ritrovamenti fatti a due metri di profondità non saranno sepolti nuovamente, ma dovranno rimanere visibili. Anche se la modalità con cui saranno resi visibili non è stata ancora definita – potrebbe trattarsi di un lucernaio o di altre soluzioni tecniche – è certo che la storia di Terni verrà preservata e offerta ai cittadini e ai visitatori come testimonianza tangibile del passato.
Mentre per i reperti romani c’è una chiara volontà di mantenerli visibili, la questione dei resti del convento carmelitano del Seicento dedicato a Santa Teresa è più complessa. Attualmente, una petizione popolare, promossa dall’ex consigliere comunale Michele Rossi, ha raccolto 700 firme per chiedere che i resti dell’antico convento siano lasciati a vista. La raccolta firme sta continuando anche online, segno dell’interesse e dell’affetto che la comunità di Terni nutre per il proprio patrimonio storico. Tuttavia, il Comune di Terni ha recentemente presentato un secondo progetto alla Soprintendenza in cui propone di non lasciare visibili i resti seicenteschi. La motivazione sembra essere legata ai costi di manutenzione che comporterebbe l’eventuale creazione di uno spazio espositivo per i reperti.
Questo cambio di direzione ha scatenato un dibattito all’interno della comunità, con i firmatari della petizione che sostengono che la Soprintendenza non possa imporre al Comune spese troppo onerose. Secondo loro, la decisione finale dovrebbe spettare al Comune, che dovrebbe preservare la storia cittadina senza preoccuparsi unicamente dei costi.
Gli scavi archeologici del convento di Santa Teresa prevedrebbero una ricostruzione virtuale
Nel caso dei resti del convento di Santa Teresa, il Comune ha proposto una soluzione alternativa che prevedrebbe una sorta di “ricostruzione” virtuale dell’antico chiostro mediante un grande pergolato, da installare nell’area dove un tempo sorgeva il vero chiostro. Inoltre, si prevede di ricordare l’esistenza della chiesa di Santa Teresa attraverso una pavimentazione particolare, che segnerà simbolicamente l’area un tempo occupata dalla chiesa. Questo progetto, tuttavia, è ancora in fase di valutazione e non si è giunti a una decisione definitiva.
Parallelamente agli scavi archeologici, il Comune sta intervenendo anche sulle mura merlate della caserma Brignone, un’altra testimonianza storica della città. Sebbene queste mura non abbiano un valore artistico particolarmente elevato, sono considerate importanti per la memoria storica di Terni. L’intervento di consolidamento, quindi, rappresenta un ulteriore sforzo per salvaguardare i simboli della storia cittadina, che contribuiscono a mantenere vivo il passato.
Le diverse posizioni sul futuro dei reperti archeologici a Terni evidenziano il dilemma che spesso si presenta nella gestione dei beni culturali. Da un lato, c’è la volontà di preservare il patrimonio e renderlo accessibile al pubblico, dall’altro, le difficoltà economiche legate ai costi di manutenzione degli spazi espositivi e delle strutture di conservazione. La decisione di non interrare i reperti romani risponde a una logica di valorizzazione storica, che può attrarre interesse turistico e accademico.
Al contrario, i resti del convento di Santa Teresa rischiano di scomparire sotto il peso di considerazioni economiche. Il dibattito tra i cittadini e le istituzioni rappresenta un esempio concreto della sfida che molte città italiane devono affrontare nella gestione del loro patrimonio culturale: come trovare un equilibrio tra la salvaguardia del passato e le limitazioni di bilancio.