“Garantire un salario minimo di 9 euro l’ora” è quanto chiede in una mozione presentata a Palazzo Cesaroni, sede dell’Assemblea Legislativa dell’Umbria, la consigliera regionale Donatella Porzi, ex rappresentante del Partito democratico ora appartenente al Gruppo Misto.
La mozione, nella fattispecie, impegna la Giunta regionale a guida Tesei a tutelare la retribuzione minima salariale nei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e nelle concessioni della Regione Umbria.
Salario minimo, la mozione di Donatella Porzi
L’atto sul salario minimo che la consigliera regionale Donatella Porzi del Gruppo Misto ha sottoposto all’attenzione dell’Assemblea Legislativa dell’Umbria, nella seduta odierna del Consiglio regionale, stabilisce che “nessuno, inderogabilmente, dovrà guadagnare meno di 9 euro l’ora negli interventi in cui la Regione è stazione appaltante”.
Il testo della mozione recita altresì che “in tutte le procedure di gara, in coerenza con quanto previsto all’art. 11 del Codice dei contratti pubblici, venga richiesto che al personale impiegato nei contratti di lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e nelle concessioni sia applicato il contratto collettivo maggiormente attinente all’attività svolta stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, salvo restando i trattamenti di miglior favore”.
“Qualora in sede di offerta l’impresa chieda l’applicazione di un contratto diverso da quello indicato nel bando di gara – si legge, ancora, nella mozione sul salario minimo presentata dalla consigliera regionale del Gruppo Misto, Donatella Porzi, all’aula di Palazzo Cesaroni – l’amministrazione dovrà fare una comparazione tra il contratto indicato e quello offerto per verificarne l’equivalenza, così da garantire ai dipendenti le stesse tutele, sia economiche che normative“.
Tale giudizio, in modo particolare, sarà condotto sulla base dei 12 parametri tracciati dall’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, nella relazione illustrativa al bando tipo n. 1 del 2023, prevedendo uno scostamento massimo di due parametri e fermo restando il rispetto della retribuzione minima di 9 euro l’ora.
Porzi: “E’ un diritto fondamentale”
“Garantire un salario minimo è un diritto fondamentale per i lavoratori“ ha affermato in una sua nota la consigliera regionale del Gruppo Misto dell’Umbria Donatella Porzi.
La promotrice della mozione sul salario minimo a Palazzo Cesaroni ha evidenziato l’importanza del suddetto diritto nello spirito della Direttiva Ue 2022/2041 del Parlamento europeo relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea, e nel rispetto dell’articolo 1 della Costituzione italiana secondo il quale “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
“Questa misura – ha aggiunto la consigliera Porzi – intende combattere i rischi dei contratti al ribasso e garantire maggiore sicurezza e qualità del lavoro, con l’obiettivo principale di contrastare le troppe tragedie che ancora avvengono sui luoghi di lavoro. L’operato delle Istituzioni dovrà essere all’altezza di questa sfida”.
La direttiva Ue sul salario minimo
Il Parlamento europeo ha approvato la versione definitiva della direttiva Ue sul salario minimo nella seduta del 19 ottobre 2022. L’obiettivo della direttiva è far si che le normative dei paesi membri consentano «un livello di vita dignitoso» a tutti i propri lavoratori e una riduzione delle disuguaglianze.
La direttiva introduce, in modo particolare, regole più stringenti per i 21 paesi che già prevedono il salario minimo, con maggiore trasparenza e alcuni criteri di determinazione degli importi; un sistema di controlli più forte; la raccomandazione al rafforzamento del sistema della contrattazione collettiva.
Il termine per l’adeguamento alle norme della direttiva per i paesi membri è fissato al 15 novembre 2024. Come di consueto, infatti, la direttiva europea è uno strumento normativo che enuncia alcuni principi e criteri per il raggiungimento di un obiettivo condiviso lasciando, al contempo, agli Stati membri dell’Unione la libertà di definire le modalità con cui realizzarli.