La vicenda di Gubbio Cultura e Multiservizi, la società partecipata al 100% dal Comune di Gubbio, continua a far discutere. Il 28 novembre, la Corte dei Conti dell’Umbria ha depositato una sentenza che condanna l’ex amministratore unico Roberto Tanganelli a risarcire 1.198.338 euro per danno erariale, in favore della società e, quindi, del Comune di Gubbio. La sentenza ha messo in evidenza una serie di irregolarità nei bilanci della società negli anni 2013-2015, ritenuti non rappresentativi della reale situazione economica e patrimoniale.

Il collegio, presieduto dal giudice Piero Carlo Floreani, ha evidenziato che le perdite accumulate non sono attribuibili a semplici errori di gestione, ma a “alterazioni della realtà gestionale” e “rappresentazioni in bilancio di fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero. Secondo i giudici contabili, queste pratiche hanno portato al depauperamento del patrimonio della Gubbio Cultura Multiservizi”, rendendo necessaria la ricapitalizzazione da parte del Comune.

Un aspetto centrale della sentenza riguarda il ruolo del revisore dei conti. La Corte ha riconosciuto che il revisore ha svolto il suo compito in modo indipendente e ha sollevato rilievi critici nei confronti dei bilanci, evitando atteggiamenti conniventi.

In sede penale, la vicenda non subirà ulteriori analisi a causa della prescrizione dei reati, lasciando la controversia confinata alla giurisdizione contabile.

Roberto Tanganelli presenterà ricorso in appello e ribadisce la correttezza del proprio operato

Roberto Tanganelli, visibilmente dispiaciuto per l’accaduto, ha annunciato che presenterà ricorso in appello, ribadendo la correttezza del suo operato e la regolarità della gestione. In un’intervista, Tanganelli ha fornito la sua versione dei fatti, spiegando di aver condiviso che tutte le decisioni prese durante il suo mandato con il socio unico, ovvero il Comune di Gubbio.

Secondo Tanganelli, la Gubbio Cultura Multiservizi era inizialmente una società di gestione limitata al Museo Civico di Piazza Grande. Successivamente, sotto la sua amministrazione, le competenze della società hanno incluso la gestione della farmacia comunale, dei parcheggi a pagamento, della scuola di liuteria e di musica, e di vari spazi museali come il Museo della Civiltà Contadina e il Museo di San Benedetto.

“Queste aperture – ha dichiarato Tanganelli – sono state concordate con il Comune e hanno comportato esborsi significativi, regolarmente registrati nei bilanci”. Tanganelli ha inoltre sottolineato che, nonostante queste difficoltà, gli investimenti fatti durante il suo mandato stanno ora portando redditività alla società, con tutti gli spazi museali attualmente aperti e funzionanti.

L’ex amministratore ha criticato il Comune per la mancanza di risposte ufficiali alle sue richieste di intervento e alle relazioni gestionali presentate nel corso degli anni. Secondo Tanganelli, i bilanci contestati avevano ricevuto l’approvazione dal socio unico senza alcuna osservazione critica al momento della loro presentazione. “Solo al termine del mio mandato – ha affermato – furono messi in discussione i bilanci degli anni precedenti, già approvati”.

Dubbi sulla vigilanza del Comune in merito alla gestione della partecipata

Questa dichiarazione punta il dito verso il Comune, sollevando interrogativi sulla vigilanza e sul controllo esercitati dall’ente pubblico sulla gestione della partecipata.

La Corte dei Conti ha rilevato diverse irregolarità nei bilanci della società, accusando l’amministrazione di utilizzare pratiche contabili scorrette per occultare costi e gonfiare ricavi. Tra le problematiche individuate vi sono:

  • Capitalizzazione di costi operativi: spese correnti come salari, consulenze e servizi di pulizia contabilizzate come immobilizzazioni immateriali, posticipandone l’impatto sui conti.
  • Mancanza di ammortamenti: le immobilizzazioni materiali non sono state correttamente ammortizzate, contravvenendo ai principi contabili.
  • Sopravalutazione dei crediti: inclusi crediti inesistenti o difficilmente recuperabili.
  • Sopravalutazione delle rimanenze: i valori di vendita correnti sono stati utilizzati al posto del costo di acquisto.

Queste pratiche, secondo la Corte, hanno eroso il patrimonio della società, portandola alla liquidazione e costringendo il Comune a intervenire con una ricapitalizzazione di oltre 1,7 milioni di euro.

La vicenda solleva importanti questioni sulla gestione delle partecipate pubbliche e sul ruolo degli enti locali come soci unici. Il Comune di Gubbio, pur informato della situazione attraverso i bilanci presentati, non è intervenuto tempestivamente per correggere le criticità, una mancanza che ha contribuito al deterioramento finanziario della società.

Indispensabile rafforzare i controlli interni per garantire maggiore trasparenza

Il caso mette in evidenza la necessità di rafforzare i controlli interni e di garantire una maggiore trasparenza nella gestione delle partecipate. La sentenza della Corte dei Conti rappresenta un monito per il Comune, che dovrà adottare misure più rigorose per evitare il ripetersi di simili situazioni.

Nonostante le difficoltà, la Gubbio Cultura Multiservizi rimane una realtà importante per il Comune, gestendo servizi chiave come musei, parcheggi e farmacie. Tuttavia, la società necessita di una profonda revisione della governance e di una strategia chiara per garantire la sostenibilità economica a lungo termine.

La nuova amministrazione, guidata dal sindaco Vittorio Fiorucci, ha già annunciato l’intenzione di riorganizzare la partecipata e di dotarla di una leadership manageriale più solida. Tra le priorità vi sono la razionalizzazione dei costi, l’ottimizzazione dei servizi e la trasparenza nei processi decisionali.

Mentre l’ex amministratore Roberto Tanganelli prepara il ricorso in appello, il caso solleva interrogativi sul ruolo e sulle responsabilità degli enti locali nella governance delle partecipate. La sfida, per la nuova amministrazione, sarà trasformare questa crisi in un’opportunità per rafforzare la trasparenza e l’efficienza della Gubbio Cultura Multiservizi, garantendo che il patrimonio pubblico sia gestito in modo responsabile e sostenibile.