La Suprema Corte di Cassazione ha rimandato al 3 dicembre la sentenza definitiva sulla tragedia dell’hotel Rigopiano. Tra le 29 vittime anche il ternano Alessandro Riccetti, receptionist dell’albergo, diventa simbolo di un’attesa che pesa come un macigno per i familiari delle vittime.
Rigopiano, la sentenza rimandata amplifica il dolore per i familiari delle vittime
Inizialmente attesa per il 28 novembre, la sentenza della Corte di Cassazione per la strage di Rigopiano è stata rimandata al 3 dicembre 2024. Una decisione giustificata dalla complessità del caso e dall’elevato numero di posizioni da analizzare, ma che ha lasciato un senso di amarezza tra i familiari delle vittime, presenti in aula e da anni impegnati in una battaglia per la verità e la giustizia.
Il caso riguarda la tragedia avvenuta il 18 gennaio 2017, quando una valanga di circa 120.000 tonnellate di neve travolse l’hotel Rigopiano di Farindola, in provincia di Pescara. Le vite di 29 persone, tra ospiti e dipendenti, furono spezzate. Tra loro c’era anche Alessandro Riccetti, 33 anni, originario di Terni e addetto alla reception della struttura. La sua storia è diventata un simbolo di una tragedia che ha segnato profondamente anche la comunità umbra.
Le richieste dell’accusa: annullamenti e appello bis
Come riporta l’agenzia LaPresse, durante l’udienza del 27 novembre il procuratore generale Giuseppe Riccardi ha chiesto un appello bis per Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara, già condannato in Appello a un anno e otto mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso. Riccardi ha inoltre richiesto di rivedere le assoluzioni per le accuse più gravi, tra cui concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio.
Il procuratore ha poi sollecitato l’annullamento delle assoluzioni di sei funzionari della Protezione Civile dell’Abruzzo, accusati di gravi omissioni durante i giorni che precedettero la tragedia. Confermata, invece, la richiesta di mantenere le condanne per dirigenti della Provincia e del Comune di Farindola, inclusi Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, condannati a tre anni e quattro mesi, e l’ex gestore dell’hotel, Bruno Di Tommaso, a sei mesi.
Le parole dette dall’avvocato Giovanni Ranalli, legale dei familiari di Alessandro Riccetti, al termine del processo di appello di febbraio 2024, riassumono lo sconcerto delle parti civili. “C’erano fatti che gridavano vendetta“, afferma Ranalli. “Come il non avere agito, nonostante le segnalazioni giunte tre giorni prima. Ed anzi avere finto di avere fatto il proprio dovere, cercando poi di nascondere le proprie responsabilità”.
Sentenza rimandata per Rigopiano: il ricordo di Alessandro Riccetti
La valanga che colpì Rigopiano nel pomeriggio del 18 gennaio 2017 non lasciò scampo a chi si trovava nella struttura. Il resort era isolato a causa di una tempesta di neve, eppure le richieste di soccorso erano rimaste inascoltate. Le responsabilità amministrative e organizzative sono al centro del procedimento giudiziario, ma il peso delle omissioni grava come un’ombra sulla memoria delle vittime.
Alessandro Riccetti, giovane 33enne di Terni, so trovava in quel momento all’interno dell’hotel in cui lavorava come receptionist. Le testimonianze di chi lo conosceva bene raccontano di un ragazzo gentile e disponibile, che si trovava alla reception quel giorno, ignaro del pericolo imminente. La sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile nella sua famiglia e nella comunità ternana, che a distanza di 7 anni lo ricorda con affetto e commozione.
Lo spettro della prescrizione e la battaglia dei familiari
La sentenza rimandata della Cassazione per Rigopiano non è solo un appuntamento per chiudere il cerchio giudiziario, ma rappresenta anche una corsa contro il tempo. Su alcune accuse, infatti, incombe la prescrizione e i familiari delle vittime temono che parte delle responsabilità possa sfuggire a un giudizio definitivo.
Gianluca Tanda, presidente del Comitato Vittime di Rigopiano, ha espresso la frustrazione condivisa: “Il prefetto Provolo era la massima autorità sul territorio, poteva fare qualcosa e non l’ha fatto“, afferma. Poi prosegue: “Ha fatto un danno non solo al ministero, ma a tutti gli italiani. Siamo stati sempre convinti delle sue responsabilità. La requisitoria del procuratore generale in Cassazione non fa che confermare le nostre convinzioni. Ora, però, c’è la scure della prescrizione. Cerchiamo di salvare il salvabile”.
Il prossimo 3 dicembre rappresenta un momento cruciale. La parola della Cassazione non restituirà le vite spezzate, ma potrebbe finalmente portare quella chiarezza tanto attesa. La famiglia di Alessandro e i parenti delle altre vittime chiedono che questo sia l’ultimo atto di una vicenda segnata da troppi ritardi e omissioni.