La tragedia che il 18 gennaio 2017 ha colpito l’hotel Rigopiano, causando la perdita di 29 vite travolte da una valanga, torna nuovamente in aula con sviluppi giudiziari. La Suprema Corte ha stabilito che il nuovo procedimento d’appello per l’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e per altri imputati si svolgerà presso la corte d’Appello di Perugia, segnando un cambiamento rispetto alla sede precedente.
Al momento dell’incidente, nell’hotel erano presenti 40 persone: 28 clienti, tra cui quattro bambini, e 12 membri dello staff. La valanga, staccatasi dal Monte Siella, ha investito l’albergo con una massa stimata di 120.000 tonnellate di neve, distruggendo completamente la struttura.
I soccorsi hanno affrontato notevoli difficoltà a causa delle condizioni climatiche e dell’isolamento dell’area, impiegando circa 20 ore per raggiungere il sito. Nonostante ciò, 11 persone sono state tratte in salvo, alcune delle quali hanno resistito sotto le macerie per oltre 58 ore.
Le indagini successive hanno portato all’apertura di procedimenti giudiziari per accertare eventuali responsabilità nella gestione dell’emergenza e nella prevenzione del rischio valanghe. Il processo ha visto numerose assoluzioni e alcune condanne, tra cui quella dell’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta.
Caso Rigopiano, la decisione della Cassazione e i soggetti coinvolti
La Cassazione ha disposto un nuovo processo di secondo grado per cinque dirigenti provinciali e per un tecnico comunale, oltre che per l’ex primo cittadino di Farindola. Il provvedimento accoglie i ricorsi delle difese degli imputati, aprendo al riesame delle responsabilità legate alla gestione e alle omissioni che potrebbero aver aggravato l’esito della valanga. Per queste figure, così come per Lacchetta, si apre la possibilità della prescrizione delle accuse, aspetto che rende più complesso l’esito del procedimento.
Diversa invece la situazione per Bruno Di Tommaso, ex gestore dell’hotel Rigopiano, la cui condanna è stata confermata in via definitiva.
La difesa accoglie il pronunciamento della corte suprema
Gli avvocati David Brunelli e Alfredo Gaito, difensori del geometra comunale Enrico Colangeli e di Lacchetta, hanno accolto con favore la sentenza della Cassazione. In una nota hanno dichiarato che “la Corte ha anche annullato le condanne dei funzionari provinciali, del sindaco di Farindola e del geometra impiegato del Comune di Farindola, accogliendo i ricorsi della difesa”.
In merito a Colangeli, i legali hanno spiegato che “ha visto confermata definitivamente l’assoluzione per il delitto di disastro, che il procuratore generale aveva impugnato; mentre è stata annullata la sentenza di condanna per omicidio e lesioni colpose plurimi che aveva pronunciato nei suoi confronti (oltre che nei confronti del sindaco Lacchetta) la Corte d’appello dell’Aquila”. La difesa ha sostenuto che “l’evento si sarebbe potuto prevedere solo se fosse stata tempestivamente redatta la Carta della localizzazione pericolo valanghe da parte della Regione”, escludendo così responsabilità dirette degli amministratori locali.
Il dolore indelebile delle famiglie delle vittime
Mentre il procedimento giudiziario prosegue, il dolore delle famiglie delle vittime resta inalterato. Antonella Pastorelli, madre di Alessandro Riccetti, receptionist ternano scomparso nella tragedia, ha commentato: “Una decisione che ci restituisce un po’ di fiducia, non i nostri cari”.
Pastorelli ha espresso la speranza che simili eventi non si ripetano mai più e che questa tragedia rappresenti un insegnamento: “La speranza è che questa tragedia abbia insegnato qualcosa alle istituzioni, a tutti”. Il ricordo di quel giorno è ancora vivido e amaro: “Potevano essere salvati, quel maledetto giorno, se solo ci fosse stata la consapevolezza della situazione e chiarezza sulle azioni da attuare”.
Infine, ha rivolto un appello: “Si sono sentiti abbandonati, i nostri cari. E spero che mai più accada qualcosa di simile. Che il loro sacrificio sia valso a qualcosa”.
Queste parole riflettono il desiderio di giustizia delle famiglie coinvolte, per le quali il processo non rappresenta solo un confronto con la legge, ma anche un modo per onorare la memoria di chi ha perso la vita nella tragedia dell’hotel Rigopiano.