I residenti in Umbria ammontano a 856.407, costituendo l’1,5% della popolazione italiana. Questi dati emergono dal censimento permanente della popolazione, aggiornato al 31 dicembre 2022, diffuso dall’Istat.

I residenti in Umbria sono in leggero calo

Rispetto all’anno precedente, i dati censuari indicano una leggera flessione della popolazione umbra di 2.405 unità, con una percentuale dello -0,3%, superiore a quella media nazionale (-0,1%). Entrambe le province, Perugia e Terni, vedono una diminuzione dei residenti: Perugia perde 1.258 abitanti, mentre Terni ne perde 1.147, corrispondenti rispettivamente a una diminuzione del -0,2% e del -0,5%.

Quasi tre quarti della popolazione umbra risiede nella provincia di Perugia (74,6%), con circa 640mila abitanti, mentre il restante 25,4% si trova nella provincia di Terni, che conta oltre 200mila abitanti.

Tasso di natalità a picco

Il saldo naturale nella regione conferma una dinamica sfavorevole, con un eccesso di decessi (11.607) sulle nascite (4.926). Umbria e il resto dell’Italia registrano un nuovo record minimo delle nascite, con una riduzione del 27,0% rispetto agli inizi del millennio. Il tasso di natalità, in continuo declino, passa dal 6,1 per mille del 2021 al 5,7 del 2022, rimanendo inferiore alla media nazionale (6,7 per mille).

La provincia di Terni vede il maggiore decremento del tasso di natalità, passando da 5,6 a 5,2 per mille nel 2022, mentre a Perugia la diminuzione è meno pronunciata, passando da 6,2 a 5,9 per mille.

Mortalità in aumento

A causa della presenza di una popolazione mediamente più anziana, la mortalità in Umbria è superiore alla media nazionale, attestandosi a 13,5 morti ogni mille abitanti nel 2022, in aumento rispetto all’anno precedente. A Perugia, il tasso di mortalità è di 13,0 per mille, mentre a Terni raggiunge il valore più alto di 15,2 per mille.

C’è un lieve incremento della popolazione proveniente dal resto del Paese, con un saldo migratorio interno positivo di 352 persone, principalmente concentrato nella provincia di Perugia. Il saldo migratorio con l’estero è positivo in entrambe le province, con un saldo netto di oltre 4mila unità a livello regionale.

Età media dei residenti in Umbria

L’età media della popolazione umbra è di 48,0 anni, superiore alla media nazionale di 46,4 anni. L’indice di vecchiaia e l’indice di dipendenza degli anziani mostrano un aumento, mentre l’indice di struttura della popolazione attiva subisce una lieve flessione.

Per quanto riguarda la popolazione straniera, al 31 dicembre 2022, conta 88.571 persone, l’1,7% degli stranieri residenti in Italia. La maggior parte degli stranieri si trova nella provincia di Perugia (75,6%). Tuttavia, si registra una diminuzione complessiva della popolazione straniera rispetto all’anno precedente, con un tasso di incremento negativo del -1,2%.

In termini di dimensioni, il comune più piccolo è Poggiodomo (94 abitanti), mentre il più grande è il capoluogo, con 162.367 residenti.

In Umbria si vive di più

Nonostante l’invecchiamento della popolazione, l’Umbria rimane una delle regioni più longeve d’Italia, con le donne che in provincia di Perugia vantano una speranza di vita di oltre 86 anni (85,6 a Terni).

Un dato interessante riguarda il confronto tra le due province umbre: sebbene in provincia di Perugia si viva più a lungo, l’età media è inferiore a quella di Terni, con 47,8 anni contro 49,3. Complessivamente, l’età media della regione si attesta a 48 anni e 55 giorni, al di sopra della media nazionale.

Nel 2042 popolazione a 800,000 residenti

Le prospettive demografiche per l’Umbria delineate dall’Agenzia Umbria Ricerche sono allarmanti, prevedendo perdite economiche significative nel giro di un paio di decenni, con conseguenze potenzialmente devastanti per il sistema regionale.

Secondo le stime dell’Istat, entro vent’anni la popolazione umbra potrebbe diminuire di oltre 65.000 unità, con una perdita di oltre 101.000 persone in età lavorativa.

Questa tendenza si tradurrebbe in una contrazione del PIL regionale del 19,1% dal 2022 al 2042, con un ulteriore calo del 13,4% nei venti anni successivi. Sebbene il panorama sia preoccupante, gli esperti individuano possibili soluzioni, concentrandosi sull’aumento della produttività del lavoro come leva principale per contrastare il declino economico.