La Giunta della regione Umbria ha approvato il riparto del fondo sanitario 2023, destinando risorse alle aziende sanitarie per la chiusura dei bilanci di esercizio. Questa decisione è stata presa in seguito alla verifica effettuata dal tavolo Mef alla fine del 2023, che ha confermato l’equilibrio economico finanziario del sistema sanitario umbro.
La Regione Umbria approva il fondo sanitario, ora in equilibrio
Palazzo Donini ha sottolineato che l’obiettivo principale delle aziende sanitarie ed ospedaliere è garantire servizi efficienti per l’utenza, attraverso l’integrazione della rete ospedaliera regionale. Questa rete comprende numerose strutture, principalmente di piccole e medie dimensioni, distribuite su tutto il territorio regionale. Per raggiungere questo obiettivo, è stata necessaria un’integrazione del finanziamento rispetto agli standard.
Il quadro economico finanziario internazionale ha influenzato pesantemente le politiche di gestione negli ultimi anni, principalmente a causa dell’aumento dei costi energetici e dell’effetto inflattivo complessivo. Tuttavia, grazie alle politiche governative e regionali messe in atto, è stato possibile ricondurre in equilibrio il sistema sanitario regionale.
Palazzo Donini ha enfatizzato che questo equilibrio è il risultato di un percorso che ha visto l’attuazione del Piano di efficientamento e riqualificazione deliberato dalla Giunta Regionale per l’anno 2022, aggiornato nel 2023. Questo successo permetterà finalmente di programmare nuovi investimenti nel settore sanitario e migliorare le prestazioni offerte alle cittadinanze da parte delle Aziende Sanitarie Umbre.
Solo 8 mesi fa il via libera al riparto da 128,8 miliardi
Lo scorso agosto, dopo lunghi mesi di trattative e discussioni serrate, le Regioni italiane hanno raggiunto un accordo sulla suddivisione delle risorse del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) per l’anno 2023. L’annuncio è giunto direttamente dal presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, il quale in quell’occasione aveva sottolineato l’importanza dell’unità istituzionale e del senso di responsabilità dimostrati durante il processo decisionale.
L’accordo, che ha visto l’approvazione unanime della proposta di riparto del FSN 2023, è stato celebrato come una vittoria per la cooperazione interregionale e per l’obiettivo comune di garantire un’adeguata copertura finanziaria nel settore sanitario. L’importo complessivo del fondo è stato fissato a 128,869 miliardi di euro, un budget considerevole che riflette la prioritaria attenzione dedicata alla salute pubblica.
Durante le discussioni però era stata messa in luce una sottostima del Fondo, attribuita principalmente all’aumento dei costi dell’energia. Il presidente della Conferenza delle Regioni aveva espresso la speranza che tali risorse sarebbero potute essere recuperate nel corso dell’anno. Aveva sottolineato l’importanza di definire nuovi criteri per la ripartizione del fabbisogno sanitario nazionale standard.
Tra le disposizioni principali dell’accordo, il finanziamento indistinto per un importo di 120,736 miliardi di euro, destinato a essere ripartito secondo criteri definiti dal Decreto Ministeriale del dicembre 2022. Inoltre, è stata prevista la distribuzione di una quota premiale di 644,346 milioni di euro, stabilita in base a specifiche disposizioni legislative.
Un punto di particolare rilievo è rappresentato dalla distribuzione della quota denominata “Energia”, pari a 1,4 miliardi di euro. Tale quota è stata poi ripartita tra tutte le Regioni e le Province autonome, in deroga alle disposizioni legislative.
Le Regioni hanno concordato la ripartizione di 554 milioni di euro per coprire il minore gettito derivante dalla soppressione del superticket.
Come vengono ripartire le risorse tra le regioni
La ripartizione delle risorse del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) tra le regioni italiane è un argomento di accesa discussione, alimentato da forti disparità pro-capite. Nel corso degli anni, le differenze sono diventate evidenti: nel 2020, la Liguria ha beneficiato di 127 euro pro capite sopra la media nazionale.
Queste divergenze hanno generato tensioni, con alcuni governatori regionali che hanno sollevato critiche sulla metodologia di ripartizione.
L’attuale schema di ripartizione, introdotto nel 2011, si basa principalmente sulla composizione anagrafica della popolazione, senza considerare altri indicatori di necessità sanitaria o sociale.