La vandalizzazione della sede del Partito Comunista di Gubbio, situata in via Saffi a San Pietro e guidata da Fabio Sebastiani, rappresenta un episodio grave che non può essere ridotto a un semplice atto di teppismo. Come segnalato dall’ex sindaco Orfeo Goracci in un post su Facebook corredato di immagini, l’azione ha colpito non solo un luogo simbolico della sinistra eugubina, ma anche la cosiddetta “scuola Luigi Radicchi”, impegnata in attività sociali e culturali.
Secondo Goracci, non si tratterebbe di un episodio di mera delinquenza, ma di un atto con una precisa matrice politica. Il fatto che nulla di valore sia stato rubato e che il bersaglio siano stati libri e materiali destinati ad attività di aiuto sociale lascia pochi dubbi sulla natura dell’azione. L’ex sindaco parla esplicitamente di una matrice fascista e razzista, una presenza che, secondo lui, sta crescendo anche a Gubbio e che sarebbe tollerata, se non addirittura fomentata, da alcune frange politiche locali.
Un’accusa forte, che però evidenzia una tendenza più ampia: l’inasprimento del clima politico e sociale, con sempre più episodi di intolleranza che colpiscono sedi politiche, associazioni e simboli di determinati orientamenti ideologici.
Il fatto che la sede colpita sia gestita da Fabio Sebastiani non è un elemento secondario. Il militante comunista era già finito al centro delle cronache il 7 febbraio scorso per un acceso diverbio con Fratelli d’Italia, durante un’iniziativa per la raccolta firme a sostegno delle forze dell’ordine.
Quel giorno, in via di Fonte Avellana, tra l’asilo di via Armanni e la biblioteca Sperelliana, Sebastiani si era avvicinato al banchetto di Fratelli d’Italia, dove erano presenti tra gli altri il consigliere comunale Adele Martinozzi, e aveva contestato l’iniziativa in modo molto acceso. Il punto critico dell’episodio è stato quando tre giovani extracomunitari, inizialmente propensi a firmare la petizione, sembra siano stati convinti da Sebastiani a desistere, mentre lui inveiva contro le forze dell’ordine, evocando anche il caso Almasri, che ha acceso lo scontro politico tra destra e sinistra a livello nazionale.
Un episodio che ha diviso l’opinione pubblica, con chi lo ha visto come un atto di intolleranza verso un’iniziativa democratica e chi, invece, come una legittima contestazione.
Mentre Goracci ha espresso solidarietà e vicinanza a Sebastiani e alla scuola Radicchi, è interessante notare come non abbia preso posizione sul suo intervento alla raccolta firme di Fratelli d’Italia. Un silenzio che potrebbe essere indicativo di una certa distanza tra due figure politiche che, pur appartenendo allo stesso schieramento, hanno avuto percorsi differenti.
L’ex sindaco di Gubbio, con la sua lunga storia politica, ha sempre cercato di mantenere un profilo istituzionale, mentre Sebastiani rappresenta una componente più radicale della sinistra locale. La mancata presa di posizione di Goracci sull’episodio del 7 febbraio potrebbe quindi riflettere una cautela politica, soprattutto in un momento in cui la sinistra eugubina appare divisa e in cerca di una nuova identità dopo le ultime tornate elettorali.
A prescindere dalle appartenenze politiche, la vandalizzazione della sede del Partito Comunista rappresenta un campanello d’allarme per il clima sociale e politico di Gubbio. Atti di questo tipo non dovrebbero mai essere sottovalutati, indipendentemente dal bersaglio.
Il rischio è che si inneschi una spirale di contrapposizioni sempre più violente, con azioni di ritorsione e un progressivo deterioramento del dibattito politico. Gubbio, città storicamente caratterizzata da un forte senso di comunità e partecipazione, merita un confronto civile e democratico, senza cedere alla logica della prevaricazione e dell’intimidazione.
Se si trattasse davvero di un attacco con una matrice politica, come ipotizza Goracci, sarebbe un segnale grave non solo per la sinistra, ma per l’intera comunità. Il dibattito politico deve restare un confronto di idee, non una battaglia combattuta con atti vandalici.
A questo punto, la domanda è: come risponderanno le istituzioni e le forze politiche locali? Ci sarà una condanna unanime, al di là delle differenze ideologiche, oppure si scivolerà in una nuova fase di accuse reciproche?
La speranza è che la politica sappia prendere le distanze da ogni forma di violenza e intolleranza, evitando di alimentare ulteriormente il clima di tensione. Serve un segnale chiaro da parte di tutti gli attori politici, per ribadire che Gubbio non è e non deve diventare terreno di scontro fisico tra fazioni contrapposte.
Se la città vuole mantenere la propria tradizione di apertura e democrazia, episodi come questo devono essere condannati senza ambiguità, con la consapevolezza che nessuna ideologia può giustificare atti di vandalismo o intimidazione.