La Sala della Partecipazione di Palazzo Cesaroni a Perugia ha ospitato la presentazione regionale della campagna “Non più di 20 per classe. Facciamo spazio all’istruzione di qualità”, la proposta di legge d’iniziativa popolare che Alleanza Verdi e Sinistra sta promuovendo in tutta Italia. L’evento, al quale hanno partecipato l’onorevole Elisabetta Piccolotti, prima firmataria del testo, il capogruppo regionale Fabrizio Ricci e l’assessore all’istruzione Fabio Barcaioli, ha richiamato l’attenzione sulle criticità della scuola pubblica e sulla necessità di garantire a ogni studente un ambiente di apprendimento adeguato.
Secondo quanto riportato da ANSA, l’iniziativa vuole fissare un limite massimo e minimo di alunni per aula, con l’obiettivo di ridurre il fenomeno delle cosiddette “classi pollaio”. Elisabetta Piccolotti ha parlato di "una proposta semplice, incisiva e che produce vantaggi perché si mettono le basi per una scuola migliore". L’idea è di intervenire sulla normativa Gelmini, ritenuta responsabile di un progressivo aumento del numero di studenti per classe.
La raccolta firme, già avviata in tutta Italia, è stata definita dai promotori “in crescita costante” e sta coinvolgendo anche l’Umbria. Nei banchetti informativi che stanno comparendo nelle piazze e davanti alle scuole, genitori e insegnanti stanno partecipando con interesse, a dimostrazione di una sensibilità diffusa sul tema. L’obiettivo è raggiungere in tempi brevi il numero di firme necessario per avviare l’iter parlamentare della proposta.
L’assessore Barcaioli ha evidenziato come la legge possa rivelarsi particolarmente importante per l’Umbria, una regione caratterizzata da vaste aree interne segnate da spopolamento e denatalità. "La soluzione alternativa – ha dichiarato – sarebbe chiudere scuole e classi, soprattutto nei territori più marginali. Questo per noi è inaccettabile". Una riduzione del numero di alunni per classe consentirebbe invece di salvaguardare la presenza di istituti scolastici anche nei piccoli centri.
Molti amministratori locali hanno sottolineato come la scuola rappresenti spesso l’ultimo presidio rimasto nei borghi umbri. Se chiude una scuola, non si perde solo un servizio educativo, ma anche un luogo di comunità, un punto di riferimento per famiglie e ragazzi. Per questo la proposta viene letta come una misura che va oltre la didattica e tocca la stessa tenuta sociale delle aree interne.
Il provvedimento mira a introdurre un tetto di 20 studenti per classe nelle scuole primarie e secondarie, con ulteriori limiti ridotti per le sezioni che includono alunni con disabilità. Oggi infatti capita che nelle aule umbre si superino i 25 alunni, con difficoltà nella gestione didattica e nell’inclusione. Fabrizio Ricci ha sottolineato che "ci sono classi con picchi sopra i 25 ragazzi, anche in presenza di studenti disabili. Intervenire significa rafforzare la scuola pubblica e tutelare i territori interni".
La proposta non riguarda soltanto la quantità di studenti, ma si accompagna all’idea di migliorare la qualità dell’insegnamento. Classi meno numerose permetterebbero ai docenti di seguire più da vicino ogni ragazzo, di personalizzare i percorsi didattici e di garantire una maggiore attenzione alle fragilità. Si tratta di un investimento che, secondo i promotori, avrebbe effetti a lungo termine sull’intero sistema scolastico.
Attualmente il numero di studenti per classe è regolato da parametri nazionali che fissano un minimo di 15 e un massimo di 27 per le primarie e secondarie di primo grado, con eccezioni per le zone montane o a bassa densità demografica. In Umbria però non mancano situazioni critiche, soprattutto nelle città più grandi, dove il rapporto numerico rischia di compromettere la qualità dell’insegnamento. Le famiglie e i docenti chiedono da tempo un intervento per garantire un’istruzione più equilibrata.
Nei piccoli centri, invece, si osserva il fenomeno opposto: il calo demografico rischia di ridurre il numero di studenti al di sotto del minimo consentito, con conseguente accorpamento di classi o chiusura di plessi. Una legge come quella proposta da Avs si muove quindi su un doppio fronte: contenere l’eccessivo affollamento nelle città e salvaguardare le scuole nei paesi più piccoli.
Per finanziare la misura, i promotori propongono di destinare 500 milioni di euro l’anno attualmente assegnati alle scuole private e paritarie, escludendo però le sezioni dell’infanzia. Una scelta che, secondo Piccolotti, risponde anche alla volontà di lanciare un segnale al governo guidato da Giorgia Meloni, favorevole a un incremento dei fondi per la scuola privata. L’obiettivo è spostare le risorse verso il rafforzamento dell’istruzione pubblica, investendo su classi meno affollate e insegnanti in grado di seguire meglio ogni studente.
Le organizzazioni sindacali della scuola hanno accolto positivamente l’iniziativa, pur chiedendo ulteriori garanzie sul piano delle assunzioni. Per ridurre il numero di alunni per classe sarà infatti necessario incrementare il personale docente, con contratti stabili e risorse adeguate. Anche le associazioni di genitori hanno espresso sostegno, ricordando che la qualità della scuola incide direttamente sulle opportunità future dei ragazzi.