Il primo gennaio del 2025 ha portato con sé una novità fondamentale per le persone con disabilità in Italia. È il giorno dell’avvio della sperimentazione del Progetto di Vita, una parte centrale della riforma della disabilità che cambia il modo in cui le persone con disabilità saranno assistite, offrendo loro un percorso personalizzato che parte dalle esigenze individuali e non dai parametri standardizzati.

La ministra per la disabilità Alessandra Locatelli ha scelto i suoi canali social per annunciare l’inizio di questa fase pilota, dichiarando con fermezza: “Buon primo dell’anno a tutti. Oggi è un giorno importante: parte la sperimentazione della riforma della disabilità che introduce il Progetto di vita in nove province italiane”. E quelle parole non sono solo un augurio di buon anno, ma un segnale che le cose stanno finalmente cambiando.

Progetto di Vita, un sistema pensato per la persona e non per la burocrazia

La riforma della disabilità non si limita a modificare una legge, ma intende stravolgere l’intero approccio nei confronti delle persone con disabilità. Fino ad oggi, chi aveva bisogno di assistenza doveva adattarsi a un sistema frammentato, spesso poco comprensibile e difficile da navigare. Con il Progetto di Vita, invece, la persona con disabilità diventa il centro del suo percorso. Non più un sistema che impone servizi o modalità predefinite, ma un programma cucito su misura, che tiene conto delle necessità individuali. La persona stessa, con il supporto delle famiglie e delle associazioni, sarà protagonista nel decidere quali servizi attivare, rendendo l’assistenza non solo più mirata, ma anche più rispettosa delle aspirazioni di ciascuno.

L’elemento distintivo di questa riforma è il concetto di “commissione multidimensionale”, che sostituisce il vecchio approccio burocratico. Saranno gli enti a riunirsi attorno alla persona, e non viceversa. Così come previsto dalla Convenzione Onu, infatti, la riforma fa della personalizzazione un principio fondamentale: i servizi, scolastici, lavorativi, sociali, saranno adattati alla persona, e non il contrario.

Le nove province in prima linea nella sperimentazione

Il Progetto di vita verrà testato in nove province italiane: Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste. La scelta di queste province non è casuale. Ogni territorio ha le proprie caratteristiche, e la sperimentazione servirà a capire come la riforma possa essere applicata in modo efficace e rispondente alle esigenze locali. Non si tratta solo di raccogliere dati, ma di sperimentare sul campo, per adattare il sistema alle specificità territoriali e alle diverse realtà sociali.

Questo approccio renderà la fase pilota una sorta di laboratorio, dove ogni provincia avrà il compito di testare e monitorare l’efficacia del sistema, e le eventuali difficoltà riscontrate verranno risolte in tempo reale. Un lavoro che coinvolgerà tutte le istituzioni locali, dalle amministrazioni comunali agli enti di assistenza, che dovranno fare rete per garantire l’efficacia del nuovo modello.

Il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni

Un elemento chiave del Progetto di Vita è il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni. Non è più possibile pensare alla disabilità come a un problema da risolvere solo in ambito sanitario o istituzionale. La riforma prevede una forte collaborazione con il mondo del volontariato e del terzo settore, che rappresenta le esperienze quotidiane delle persone con disabilità. Famiglie e associazioni sono il motore di un cambiamento che non riguarda solo la burocrazia, ma la cultura sociale. L’incontro tra chi lavora sul campo e le istituzioni può generare un impatto che va oltre la semplice applicazione della legge: può davvero cambiare la vita delle persone con disabilità.

In un messaggio pubblicato sui suoi canali social, Alessandra Locatelli ha ribadito: “Il cambiamento è iniziato e lo seguiremo molto da vicino insieme alle associazioni, insieme al mondo del terzo settore, insieme alle persone con disabilità e alle famiglie”. La ministra ha anche sottolineato che il monitoraggio dei territori sarà continuo, garantendo che le esperienze vissute nelle singole province possano contribuire a migliorare il sistema a livello nazionale.