La Diocesi di Gubbio e Città di Castello sta attraversando un momento di profonda trasformazione, grazie a un progetto ambizioso ideato e guidato dal vescovo Luciano Paolucci Bedini. Il piano, denominato “Vino nuovo in otri nuovi”, mira a riorganizzare la struttura delle comunità cristiane presenti sul territorio, riformulando modi, tempi e forme della vita ecclesiale. Questo progetto, che ha preso forma a partire da giugno 2023, coinvolge non solo i sacerdoti e i diaconi, ma anche i fedeli laici, invitati a prendere parte attiva in questa profonda trasformazione.

Il nome dell’iniziativa, “Vino nuovo in otri nuovi”, è ispirato a un passo del Vangelo e sottolinea l’importanza di rinnovare il cuore stesso dell’esperienza ecclesiale, non solo le strutture esterne. Come ha spiegato monsignor Paolucci Bedini, il progetto intende dare nuovo vigore e una nuova identità alla comunità cristiana, non solo ai luoghi fisici. Questo rinnovamento è visto come una necessità per adeguarsi alle sfide contemporanee, come lo spopolamento delle aree rurali, la crescente disaffezione verso la Chiesa, soprattutto da parte dei giovani, e la diminuzione delle vocazioni sacerdotali.

“Ciò che va rinnovato, riorganizzato e rilanciato – ha affermato il vescovo – non sono le strutture, ma il cuore stesso dell’esperienza ecclesiale. La comunità di fratelli e sorelle che vive il Vangelo deve essere il fulcro del nostro lavoro.”

Al centro della profonda trasformazione, la creazione della Comunità Pastorali

Al centro del progetto c’è la creazione delle “Comunità Pastorali” (CP). Una Comunità Pastorale è una porzione della diocesi formata da più parrocchie vicine che, insieme, sono capaci di sviluppare e sostenere tutte le dimensioni della vita ecclesiale. Ogni CP è guidata da uno o due sacerdoti, con l’aiuto di diaconi e laici che assumono incarichi specifici in ambiti pastorali. Lo scopo principale è rafforzare l’azione missionaria della Chiesa, stimolando una nuova evangelizzazione che possa raggiungere anche chi è lontano dall’esperienza ecclesiale.

Le CP sono una risposta concreta alla riduzione delle risorse umane e materiali a disposizione della diocesi. Invece di lasciare che le parrocchie più piccole si estinguano o siano abbandonate, vengono accorpate in un sistema collaborativo che le aiuta a sopravvivere e a prosperare.

Ogni Comunità Pastorale avrà un centro di riferimento, situato in una delle parrocchie che la compongono. Questo sarà il luogo principale delle celebrazioni liturgiche e degli incontri, e ospiterà la casa canonica dove vivranno i sacerdoti e, in alcuni casi, anche famiglie laiche, giovani e consacrati. Questo spazio di condivisione rappresenterà il cuore pulsante della CP, un luogo dove tutti i membri della comunità potranno sentirsi a casa.

Le altre parrocchie della CP non saranno abbandonate, ma potranno essere affidate a fedeli laici che vivranno nelle case canoniche, prestando servizio alla comunità locale. In questo modo, ogni parrocchia manterrà la sua identità e il suo legame con il territorio, pur essendo parte di una rete più ampia e solida.

Il progetto ha già preso forma a Città di Castello con tre nuove Comunità Pastorali

Il progetto ha già preso forma concreta a Città di Castello, dove sono state create le prime tre Comunità Pastorali. Una delle CP si trova nel centro storico e comprende la Cattedrale, Santa Maria delle Grazie e Santa Maria Maggiore. Un’altra CP, gestita dai Francescani Minori, include le parrocchie periferiche di San Pio X, San Giovanni Battista, Santa Lucia e San Martino D’Upò. Infine, un’ulteriore CP riunisce le parrocchie di San Secondo, Croce di Castiglione, Gioiello, Marcignano e Monte Santa Maria Tiberina.

L’obiettivo del riordino delle parrocchie non è solo quello di ottimizzare le risorse, ma di creare una vera rete di parrocchie capaci di lavorare insieme per vivere tutte le dimensioni della vita ecclesiale. Questa unione nella diversità è fondamentale per rafforzare il senso di appartenenza alla Chiesa e per promuovere una maggiore partecipazione da parte dei fedeli.

“Il nostro scopo – ha dichiarato il vescovo Paolucci Bedini – è raccogliere il popolo di Dio di un determinato territorio per vivere la comunione fraterna. Non si tratta solo di unire le parrocchie, ma di creare una comunità viva e partecipativa.”

Uno degli aspetti più importanti del progetto è la partecipazione attiva dei fedeli. Monsignor Paolucci Bedini ha sottolineato più volte che questo processo di riorganizzazione non sarà imposto dall’alto, ma nascerà da un dialogo continuo tra i sacerdoti, i diaconi e i fedeli laici. Le assemblee ecclesiali che si stanno svolgendo nelle due diocesi di Gubbio e Città di Castello sono il luogo principale di questo dialogo, dove tutti possono esprimere le loro opinioni e contribuire al cambiamento.

Si tratterà di un progetto senza scadenze rigide con tempi di realizzazione elastici

Non esistono scadenze rigide per l’attuazione di questa profonda trasformazione. Come ha spiegato il vescovo, “Abbiamo pensato a un tempo molto elastico per apportare queste modifiche. Non si può imporre subito il cambiamento, anche se le condizioni attuali ce lo impongono.” In questo modo, il progetto può evolvere e adattarsi alle diverse esigenze delle comunità locali.

Una delle motivazioni principali dietro il progetto “Vino nuovo in otri nuovi” è la necessità di affrontare le sfide demografiche e spirituali che affliggono la diocesi. Il calo delle vocazioni sacerdotali e la crescente disaffezione dei giovani verso la Chiesa sono due dei problemi più urgenti che la diocesi deve affrontare.

Il vescovo Paolucci Bedini spera che la creazione delle Comunità Pastorali possa fornire una risposta a questi problemi, offrendo nuove opportunità di coinvolgimento per i laici, specialmente per i giovani. Attraverso una maggiore partecipazione e un ruolo attivo nella vita ecclesiale, i giovani potrebbero riscoprire il valore della fede e della comunità cristiana.