Chiunque si trovi in questo periodo a transitare per le campagne umbre l’avrà certamente notato. Tra scale, teli, ceste e rastrelli ci si sta dedicando alla raccolta delle olive. E proprio l’olio novello è il protagonista indiscusso di questa stagione. Che a quanto pare si sta rivelando anche particolarmente fruttuosa. Non è stato un periodo facile per la produzione olearia su tutto il territorio nazionale. Negli ultimi anni la mosca delle olive ha causato danni ingenti alle colture determinando un conseguente calo della produzione, che in alcuni casi è stata pari a zero. Eppure, come sottolinea Coldiretti, l’Umbria sembra essere quest’anno un’isola felice: la produzione di olio d’oliva è in netta ripresa e sta tornando nella norma. Merito anche del caldo estivo che ha arginato di molto gli attacchi della mosca che, in alcune zone, è stato addirittura inesistente.

Buone notizie per l’olio umbro: il caldo estivo ha tenuto lontana la mosca

Se la produzione nazionale continua a mantenersi in calo con un -32%, quella umbra invece brilla. “La produzione di olio in Umbria si avvia registrare valori vicino alla norma in netta ripresa quindi rispetto al calo dello scorso anno di oltre il 50% rispetto alle medie“. Questo quanto afferma Giulio Mannelli, Presidente Aprol Umbria e Vicepresidente Coldiretti Perugia. Le rese della raccolta in corso non saranno ancora elevate ma fanno pur sempre segnare un importante primato.

L’olivo, la pianta che da secoli disegna i paesaggi collinari dell’Umbria, è stato in grado di resistere alla siccità di quest’estate. Non solo, il caldo estivo è stato un vantaggio perché ha tenuto lontana la temutissima mosca. Una combinazione che “incide positivamente su qualità e quantità del prodotto” prosegue Mannelli.

Mannelli: “Olivicoltura fiore all’occhiello dell’agricoltura regionale”

L’olio d’oliva è l’alimento identitario dell’intera area mediterranea e la storia dell’Umbria ne è una testimonianza. “L’olivicoltura – sottolinea Mannelli – rappresenta uno dei fiori all’occhiello dell’agricoltura regionale, nonché un elemento culturale rilevante, che affonda le proprie radici in oltre duemila anni di storia e che incarna il simbolo della tradizione gastronomica mediterranea“.

Se l’Umbria presenta una morfologia particolarmente adatta alla crescita dell’olivo, è altrettanto vero che tanti produttori locali, con impegno e sacrifici, anche di fronte alle raccolte disastrose degli anni passati, non hanno mai mollato. Nonostante le buone notizie di questa raccolta, non bisogna abbassare la guardia ricorda ancora Mannelli. “Occorre comunque rafforzare ancor di più il nostro impegno nel settore, a cominciare da sempre più mirate scelte agronomiche, commerciali e tecnologiche, per tutelare e valorizzare uno dei prodotti simbolo pure a livello turistico della nostra regione. Un’identità quella dell’Umbria che non può che esistere infatti, se non in simbiosi con l’agricoltura che ne caratterizza la crescita e la qualità della vita“.

La produzione in Umbria: 7 milioni e mezzo di piante, 30mila ettari per 65 quintali di olio all’anno da 200 frantoi

Il nostro Evo – prosegue Mannelli – non può più essere considerato una commodity, ma un vero e proprio alimento, che peraltro innumerevoli studi indicano come prezioso elisir di lunga vita, oltre che caposaldo della Dieta Mediterranea“.

I dati della produzione olearia regionale parlano chiaro. “In Umbria secondo elaborazioni Coldiretti, si trovano quasi 7,5 milioni di piante di olivo che coprono circa 30.000 ettari e permettono di produrre mediamente circa 65.000 quintali di olio l’anno“. Oggi in Umbria sono cinque le zone produttive che dal 1997 hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento D.O.P.. Si tratta dei colli tra Assisi e Spoleto, con la varietà principe: il Moraiolo; dei colli Martani dove si trova la varietà di antica ascendenza monastica, il San Felice, selezionato dai monaci dell’abbazia omonima; dei colli amerini, nel ternano, che danno vita a una varietà d’olio più delicata; dei colli del Trasimeno con la Dolce di Agogia e, infine, dei colli dell’Orvietano con un olio dal sapore più delicato.

A ulteriore conferma del radicamento della produzione olearia, c’è anche il numero dei frantoi che consentono di avere spremiture di altissima qualità. “Circa 200, che, con una presenza così capillare sul territorio, permettono la frangitura immediata delle olive, senza che queste si deteriorino per una presenza troppo lunga in magazzino prima della lavorazione” conclude Mannelli.