La stagione straordinaria dei fondi per la ripresa e la resilienza, dopo la pandemia da Covid-19, solleva la produttività dell’Umbria. Siamo entrati, infatti, in una stagione straordinaria di interventi finanziari finalizzati al rafforzamento della competitività territoriale”.

Ad affermarlo è un focus dell’Agenzia Umbria Ricerche, firmato dagli economisti Elisabetta Tondini, responsabile Area di Ricerca “Processi e trasformazioni economiche e sociali”, e il dirigente di programma Mauro Casavecchia.
L’AUR si occupa di analisi e studi in campo socioeconomico, statistico e politico-istituzionale. In particolare, cura la raccolta, l’osservazione e l’analisi dei dati riferiti alle principali grandezze economiche e sociali dell’Umbria. Inoltre, studia anche gli andamenti congiunturali della struttura economico-produttiva e le trasformazioni sociodemografiche della popolazione.

La produttività in crescita in Umbria è l’unica ricetta per sostenere la produzione di redditi adeguata

Se la produttività non cresce le dinamiche demografiche rischiano di compromettere la capacità futura dell’Umbria di sostenere una produzione di redditi adeguata – spiegano i ricercatori -. Dunque, l’incremento della produttività continua a rimanere uno degli obiettivi principali da perseguire, non solo in Umbria, visto che da decenni costituisce il vero nodo della competitività nazionale“.

E la buona notizia è che, dopo anni di flessione secca, nel 2022 l’Umbria registra un aumento in termini reali del 2,9% (Italia 1,9%). Ma cosa è dunque successo nel 2022?

L’aumento della produttività in Umbria sarebbe derivato da una crescita reale del valore aggiunto – seppure inferiore a quella nazionale – accompagnata da una riduzione degli occupati interni, in controtendenza all’aumento verificatosi in Italia. La combinazione di questi fenomeni ha determinato una riduzione del divario tra la produttività umbra e quella nazionale. Aumenta anche la dotazione di capitale nella regione. Gli investimenti fissi lordi, che in Umbria nel 2021 hanno toccato il 14,8% (in Italia 11,2%) rispetto all’anno precedente.

La stagione straordinaria dei fondi per la ripresa: PNRR, finanziamenti comunitari e fondo di sciluppo e coesione

È ovviamente ancora presto per affermare che si stia assistendo a un processo consolidato di recupero dei livelli di produttività nella regione – afferma la ricerca dell’AUR -. Certo è che siamo entrati in una stagione straordinaria di interventi finanziari finalizzati al rafforzamento della competitività territoriale. In primis c’è il PNRR che mobiliterà oltre 5,5 miliardi di euro . Poi, sono stati stanziati i fondi europei del nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, con una dotazione di 523,7 milioni di euro per il FESR e 289,7 milioni di euro per il FSE+. Infine, è stato sottoscritto l’Accordo che assegna all’Umbria oltre 210 milioni di euro (dei quali 61 di cofinanziamento regionale per i fondi strutturali) del Fondo per lo sviluppo e la coesione“.

Si tratta di una mole di risorse mai sperimentata in precedenza, da spendere in un lasso di tempo molto concentrato che, si auspica, dovrebbe portare i suoi frutti. In particolare proprio sul versante della produttività.

La mancata crescita sembra dipendere da una inadeguata capacità sistemica e imprenditoriale di integrare il progresso tecnico e di combinare in modo efficiente i fattori produttivi

Gli investimenti da soli non bastano a sostenere la produttività dell’Umbria

Finora e fasi di maggiore criticità sono avvenute in corrispondenza di una caduta degli investimenti, per una conseguente perdita di dotazione di capitale per occupato. Quando si torna a investire (come, ad esempio, è occorso nell’anno successivo allo scoppio della pandemia), la produttività del lavoro riprende ad aumentare. Un fenomeno, questo, che sottende l’importanza degli investimenti per sostenere la competitività di un sistema.

Tuttavia, anche nei periodi segnati da una ripresa dell’accumulazione di capitale, non si scorgono grandi miglioramenti, né in Italia né tanto meno in Umbria – sostiene il focus dell’AUR -. Insomma, è come se l’incremento degli investimenti non riuscisse da solo a garantire un adeguato impulso alla produttività. Che degli investimenti conti la qualità oltre che la quantità è un fatto noto e dimostrato“.

Insomma anche in Umbria occorre superare la debolezza delle attività di innovazione, in particolare quelle collegate all’adozione di ICT e di investimenti immateriali. Serve inoltre la capacità imprenditoriale di integrare il progresso tecnico e di combinare in modo efficiente i fattori produttivi. L’Umbria, per molti aspetti, enfatizza i fattori di svantaggio che penalizzano anche l’Italia, a partire dalla struttura dimensionale e dalla specializzazione degli assetti produttivi.

Piccolo non è più bello. Serve più spinta al digitale

La dimensione media delle imprese in Umbria è inferiore al dato medio nazionale (3,5 addetti contro 3,9), così come più rarefatta è la presenza delle imprese di grandi dimensioni. Troppe le imprese a bassa produttività (commercio e costruzioni) e poco peso per i comparti ad alta produttività. Tra i quali: farmaci, macchine, mezzi di trasporto, prodotti elettronici e apparecchiature elettriche nel manifatturiero. E poi, nel terziario avanzato, i servizi di informazione e comunicazione, le telecomunicazioni, la produzione di software, la consulenza informatica e aziendale.

In ritardo anche il digitale: in Italia un’impresa su cinque è attiva nel commercio online o utilizza sistemi EDI, in Umbria ancora una su sette. Gli addetti che usano almeno una volta a settimana computer connessi ad internet sono il 55% del totale in Italia, il 52% in Umbria. Pesano, poi, una prolungata, insufficiente propensione a investire nel capitale umano e una scarsa attenzione all’organizzazione del lavoro e alla qualità manageriale. Non è un caso che il PNRR abbia fatto proprio delle riforme strutturali e degli investimenti in innovazione e in capitale umano i principali assi di riferimento.