Il procuratore generale Sergio Sottani si è recato nel carcere di Sabbione, dopo la recente aggressione di un detenuto ai danni di un magistrato. Il fatto è avvenuto alcuni giorni fa durante un interrogatorio proprio nel carcere di Sabbione. 

L’incidente ha portato all’attenzione pubblica la necessità urgente di rivedere e migliorare le misure di sicurezza per magistrati e pubblici ministeri. Attualmente, si stanno valutando diverse soluzioni per garantire la sicurezza nelle stanze destinate agli interrogatori, con interventi previsti sia nell’immediato che a lungo termine. È recente, infatti, la notizia di un innesto di personale della polizia carceraria in tutte le carceri umbre. 

Il procuratore generale Sergio Sottani in visita al carcere di Sabbione

Sergio Sottani, procuratore generale, si è recato personalmente al carcere di Sabbione per valutare le condizioni operative dei magistrati durante le udienze. La sua visita rientra nelle sue funzioni di vigilanza e controllo sulla sicurezza dei magistrati del distretto. Nei giorni scorsi, come anticipato poc’anzi, una giudice ha rischiato di essere colpita gravemente da un detenuto armato con il manico affilato di una forchetta di plastica, nascosto tra le dita. Il tempestivo intervento della polizia penitenziaria ha evitato il peggio, ma l’incidente ha sollevato serie preoccupazioni.

Le indagini sull’accaduto sono di competenza della procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze, attivata su segnalazione della procura di Terni. Il detenuto responsabile dell’aggressione si trova ancora nel carcere di Sabbione, ma è in corso una valutazione da parte del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) per un suo possibile trasferimento in un’altra struttura.

Durante la sua visita, Sottani ha verificato la preoccupante vicinanza tra detenuti e magistrati nelle stanze degli interrogatori. Questa situazione rappresenta un serio rischio per la sicurezza e richiede un intervento urgente: “Una soluzione sarà trovata e coinvolgeremo anche il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”, ha dichiarato il procuratore generale. Accompagnato dal direttore del carcere, Luca Sardella, e dal comandante Fabio Gallo, Sottani ha esaminato le condizioni di sicurezza e ha sottolineato l’importanza di adottare misure adeguate a proteggere il personale giudiziario.

Successivamente, Sottani ha partecipato a una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica in prefettura, dove si è discusso dell’increscioso episodio e delle possibili soluzioni per prevenire simili incidenti in futuro. La volontà comune è di trovare soluzioni immediate che garantiscano una maggiore distanza tra detenuti e magistrati durante gli interrogatori in carcere. Il miglioramento delle condizioni di sicurezza è una priorità assoluta per prevenire ulteriori episodi di violenza.

Incontro con la giudice e la presidente del tribunale

Prima di concludere la sua visita, Sottani si è recato a palazzo di giustizia, dove ha incontrato la giudice vittima della tentata aggressione e la nuova presidente del tribunale, Emilia Fargnoli. Durante l’incontro, Sottani ha voluto esprimere la sua vicinanza e solidarietà alla giudice, ribadendo l’impegno a migliorare le condizioni di sicurezza per tutti i magistrati.

La visita di Sottani al carcere di Sabbione ha messo in evidenza le gravi criticità presenti nei penitenziari umbri. “La situazione è molto peggiorata nei penitenziari umbri, dove mancano non solo i poliziotti della penitenziaria, ma anche psicologi, assistenti sociali e personale medico con competenze specifiche”, ha affermato Sottani. 

La carenza di personale è un problema serio che influisce negativamente sulla gestione e sulla sicurezza delle strutture penitenziarie, un problema che va risolto assolutamente anche considerando il numero dei detenuti. Sottani ha anche sottolineato la necessità di istituire una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) in Umbria per accogliere i detenuti con disturbi mentali e socialmente pericolosi. Attualmente, la mancanza di una REMS rappresenta un vuoto significativo nel sistema di gestione dei detenuti con problemi psichici, aumentando il rischio di episodi di violenza.