In Umbria, il Primo maggio non è solo sinonimo di natura e tradizioni: è anche l’occasione ideale per varcare le porte dei suoi straordinari musei. Luoghi dove l’arte, la storia e l’identità più profonda della regione si raccontano attraverso opere d’inestimabile valore e collezioni uniche. Dalle grandi gallerie cittadine ai piccoli musei nascosti nei borghi, l’Umbria apre le porte del suo patrimonio culturale offrendo percorsi di visita che incantano e sorprendono. Un invito a vivere una giornata di festa all’insegna della bellezza e della scoperta.
Tra i luoghi simbolo che meglio custodiscono l'anima artistica e culturale dell'Umbria — e che resteranno aperti anche nella giornata del Primo maggio — spicca senza dubbio la Galleria Nazionale dell’Umbria. Situata ai piani superiori del prestigioso Palazzo dei Priori, lungo l’elegante Corso Vannucci di Perugia, la Galleria è una delle collezioni più ricche e complete dell'arte italiana.
Con oltre 3.000 opere nel suo patrimonio, di cui 500 esposte al pubblico, il museo offre un percorso immersivo che attraversa 800 anni di storia dell'arte, distribuito in 40 sale, una torre e una cappella storica. Tra dipinti, sculture, ceramiche, tessuti antichi e preziose oreficerie, il visitatore viene accompagnato in un viaggio affascinante attraverso i secoli.
Il percorso espositivo, organizzato in ordine cronologico, si apre con i capolavori del XIII secolo, firmati da alcuni dei più grandi maestri medievali e proto-rinascimentali: Maestro di San Francesco, Nicola e Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio, Duccio di Boninsegna, Gentile da Fabriano e Lorenzo Salimbeni.
Il percorso prosegue poi nel cuore del Rinascimento, con le splendide opere di Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, fino agli evocativi affreschi di Benedetto Bonfigli nella splendida Cappella dei Priori. Tra i capolavori assoluti della collezione, figura il Polittico di Sant’Antonio di Piero della Francesca, autentico fiore all’occhiello della Galleria.
La visita si chiude con un omaggio ai grandi protagonisti umbri tra Seicento e Novecento: da Orazio Gentileschi a Pietro da Cortona, da Il Sassoferrato a Gerardo Dottori e Alberto Burri, quest'ultimo tra i massimi esponenti dell’arte contemporanea italiana.
A pochi passi dalle incantevoli e cristalline acque delle Fonti del Clitunno, un luogo di rara bellezza naturale e di profonda suggestione storica, si erge un autentico capolavoro dell'arte longobarda: il Tempietto del Clitunno. Situato nella frazione di Pissignano, a circa un chilometro dalle celebri sorgenti, questo piccolo sacello, che richiama le forme di un tempio, è uno dei sette siti inclusi nel patrimonio seriale "Longobardi in Italia: i luoghi del potere", iscritto nella Lista UNESCO dei patrimoni dell’umanità dal giugno 2011.
Il Tenpietto, incastonato in un contesto naturale straordinario, è uno dei più affascinanti esempi di architettura longobarda in Italia. Il sito custodisce testimonianze eccezionali di pittura, scultura e architettura, immerso in un paesaggio unico, arricchito dalle famose "Vene del Tempio", suggestive fonti d’acqua che sembrano letteralmente dar vita al luogo.
Tra gli edifici che raccontano maggiormente la storia di Amelia, non possiamo non menzionare il bellissimo. Progettato e finanziato dal nobile Fantino Petrignani, noto per la sua ascesa ecclesiastica come arcivescovo di Cosenza e protettore di Caravaggio, il palazzo rappresenta l'ambizione e il prestigio della sua famiglia. Nonostante sia di proprietà di Bartolomeo Petrignani, fu il fratello Fantino a volerlo fortemente, affidando la realizzazione a uno degli architetti più rinomati del periodo: Ottavio Mascarino, allievo del celebre Vignola, che impiegò ben diciotto anni per completare l'opera.
Oggi, il piano nobile del palazzo è aperto al pubblico e offre un viaggio immersivo nel manierismo del XVI secolo. Le otto sale affrescate sono un’autentica cornice per un programma pittorico che celebra i fasti della famiglia Petrignani, unendo l'arte a un'ambiziosa narrazione storica e dinastica. La decorazione delle stanze, che per lungo tempo è stata erroneamente attribuita alla scuola degli Zuccari, è oggi riconosciuta come opera della scuola di Tarquinio Racani, pittore di origini amerine, la cui mano ha lasciato tracce indelebili in molti palazzi e chiese della città.
Tra le tanze più affascinanti, spicca la Sala dello Zodiaco, che affascina con le sue allegorie celesti e astrali. Ma il palazzo non si limita a questa sala: altre stanze, come la Sala di Costantino e Massenzio, la Sala dell’Albornoz e la Sala di Eraclio, sono luoghi di grande valore storico e artistico, ricche di dettagli che raccontano la potenza e la religiosità della famiglia Petrignani. Ogni sala, con i suoi affreschi e la sua architettura, è un frammento di storia che rende il palazzo una tappa imprescindibile per chi visita Amelia
Un'ulteriore perla di questo edificio è la sua Cappella, luogo di culto privato, e l’anticappella, che insieme alla Sala dei Somaschi e alla Sala di Strigonia completano un itinerario di rara bellezza, che non solo celebra l’arte manierista, ma anche la storia del potere e della cultura religiosa di una delle famiglie più influenti della città.