La Prefettura di Terni ha firmato la prima interdittiva antimafia nella storia della provincia, colpendo un'attività di somministrazione di alimenti e bevande. La misura, adottata il 29 maggio 2025 e resa pubblica il 3 giugno, arriva al termine di accertamenti serrati condotti insieme alle forze dell’ordine. Il provvedimento, previsto dal Codice Antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011, n.159), impone lo stop ai rapporti economici con realtà imprenditoriali giudicate vulnerabili a contaminazioni criminali.
La comunicazione interdittiva antimafia è disciplinata dal Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n.159. Secondo l’art. 88 di quel Codice, il Prefetto, accertate “cause di decadenza, di sospensione o di divieto” legate a sospetti di mafiosità, emette una comunicazione interdittiva da notificare all’impresa entro cinque giorni. In pratica, il provvedimento di Terni segue l’iter previsto dalla legge: una volta emersi indizi di possibili infiltrazioni criminali nelle attività segnalate, la Prefettura può disporre la sospensione degli appalti o delle autorizzazioni connesse all’impresa in questione, fino a nuovi accertamenti.
Il Prefetto di Terni, Antonietta Orlando, ha messo l’accento sulla necessità di una collaborazione strutturata tra enti e operatori economici per alzare la barriera contro le mafie. Ha parlato di "sinergia operativa" fondata su strumenti analitici concreti e su un’alleanza tra istituzioni pubbliche e soggetti privati. Il riferimento al protocollo firmato ad Orvieto non è solo formale: per la prima volta si traccia una linea condivisa tra Stato e territorio per monitorare le attività economiche e prevenire contaminazioni criminali, partendo dalla consapevolezza che la legalità va costruita insieme, atto dopo atto.
Il caso di Terni si inserisce in una mappa regionale tutt’altro che immune da interessi criminali. Negli ultimi anni le indagini hanno documentato una presenza silenziosa ma costante di cosche calabresi e campane sul territorio umbro. Già nel 2019, una maxi-inchiesta aveva segnalato una penetrazione profonda delle ‘ndrine nell’economia locale, con ramificazioni nei settori più esposti come l’edilizia e i servizi. Pur non essendo tra le regioni più esposte, l’Umbria ha visto emergere episodi di riciclaggio, usura e tentativi di insediamento. La Prefettura e la magistratura mantengono alta l’attenzione, consapevoli che la prevenzione passa anche dalla vigilanza capillare sulle dinamiche economiche.
Parallelamente all’interdittiva, nel pomeriggio del 29 maggio 2025 è stato firmato a Orvieto il primo Protocollo d’intesa per la prevenzione amministrativa antimafia nei settori turistico-alberghiero e della ristorazione. L’intesa, prima del suo genere nella provincia di Terni, è stata sottoscritta da Prefettura di Terni (Prefetto Orlando) e Comune di Orvieto (sindaco Roberta Tardani). Il Protocollo istituisce un modello stabile di collaborazione: il suo obiettivo è "rafforzare l’azione amministrativa di prevenzione e contrasto di eventuali fenomeni di riciclaggio, usura, estorsione e… infiltrazioni della criminalità organizzata". Il sindaco Tardani ha commentato che si tratta di "un passo concreto nella direzione della trasparenza e della legalità", necessario a tutelare un comparto economico chiave come quello del turismo e della ristorazione.
Le autorità sottolineano che il successo delle misure antimafia dipende da un’efficace rete di vigilanza sul territorio. Il Protocollo di Orvieto è stato firmato nel corso del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, alla presenza dei vertici delle Forze di Polizia e di altre istituzioni. In ambito locale, i Comuni hanno un ruolo fondamentale: per esempio, protocolli di legalità analoghi prevedono che la polizia municipale effettui controlli amministrativi regolari nei pubblici esercizi, avviando la sospensione o revoca delle autorizzazioni laddove vengano riscontrate irregolarità.
Inoltre il Comune è tenuto a segnalare mensilmente alla Prefettura ogni variazione di titolarità o di licenza nei locali considerati a maggior rischio di infiltrazione. Tali flussi informativi alimentano i tavoli tecnici di coordinamento (Osservatori o Comitati di sicurezza), consentendo interventi tempestivi da parte dello Stato e degli enti locali per arginare i fenomeni criminali nell’economia regionale.