Fissata per oggi pomeriggio l’assemblea della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), la controllata dal Ministero dell’Economia, in cui saranno finalmente designati i nuovi componenti del Consiglio di Amministrazione. La questione infatti si trascina da mesi e ha già visto quattro rinvii. L’argomento che ha infiammato tutta la lunga vicenda è quello delle quote rosa. Come previsto dallo statuto, nel CdA di Cdp dovrebbero sedere almeno quattro donne che ne rappresentano i due quinti, così come stabilito dalla legge Golfo-Mosca.

I nomi fatti finora però sono principalmente di uomini e qui è scoppiato il caso con conseguente stallo. Le opposizioni gridano alla mancata rappresentanza e anche in Umbria la vicenda non è certamente passata inosservata. La consigliera regionale Donatella Porzi (Misto) in una nota è intervenuta su quello che definisce un “caso assurdo

Zero quote rosa nel board di Cdp, Porzi: “Clamorosa retromarcia”

Non scherziamo – esordisce Porzi – mentre siamo ancora qui a rivendicare il ruolo delle ‘quote rosa’, strumento che ho sempre ritenuto indispensabile per affrontare il passaggio verso una raggiunta parità di genere che non avrebbe più bisogno di quote di alcun colore, succede che chi dovrebbe dare il buon esempio avrebbe in mente di fare una clamorosa retromarcia che metterebbe a rischio conquiste e passi in avanti raggiunti negli anni“.

Porzi analizza la spinosa questione. “Vorrebbero far passare l’idea che non ci siano nomi di donne all’altezza di entrare nel nuovo Consiglio di amministrazione. Tanto che, tra continui slittamenti, da mesi si sta cercando una soluzione per procedere con un rinnovo del Cda che rispetti le leggi sulla rappresentanza di genere“.

E le domande sorgono spontanee. “Davvero tutto bloccato – chiede la consigliera – perché non ci sarebbero donne con un curriculum adatto a rappresentare una realtà cruciale dell’economia italiana, il cui Statuto prevede che le quote vadano per 2/5 al genere meno rappresentato, quindi alle donne? O, piuttosto, il governo (al quale spetta l’indicazione dei nomi visto che il ministero dell’Economia detiene circa l’83 per cento delle azioni Cdp) per mantenere gli equilibri tra i partiti, che stanno proponendo solo candidati maschili, sta assecondando una visione maschilista ancora fortemente radicata, soprattutto quando si tratta di raggiungere posizioni al vertice? Tant’è che l’unica donna sulla quale, al momento, si troverebbero d’accordo, sarebbe stata proposta dal socio dì minoranza: le fondazioni di origine bancaria“.

La soluzione proposta: l’ampliamento del board

La soluzione nell’aria che farebbe uscire da questo cul-de-sac sulle quote rosa sembrerebbe quella di un ampliamento del board, passando da 9 a 11 membri, un numero che consentirebbe di avere le cinque donne previste per legge modificando quindi lo statuto. Ma anche su questo Porzi appare molto critica.

Il punto è che per uscire dall’impasse invece di impegnarsi a dare spazio alle tante donne competenti e di valore di cui è ricco il nostro Paese, così da raggiungere la quota del 40 per cento, gli azionisti starebbero pensando di aggirare l’ostacolo mettendo mano allo Statuto, ovvero prevedendo l’abbassamento della quota del Cda da due quinti a un terzo, cosa che per una lentezza di natura burocratica li manterrebbe all’interno degli attuali vincoli di legge“.


La conclusione di Porzi è inevitabilmente colma di amarezza. “Per chi, come me nel suo impegno politico ha sempre lottato con forza contro ogni forma di disparità di genere, è impossibile rassegnarsi all’idea che il futuro di una società che detiene per conto dello Stato partecipazioni in molte aziende strategiche – come Eni, Tim, Fincantieri e altre ancora – debba giocarsi sul fronte di una lotta politica che rischia di azzerare tanti traguardi raggiunti per colmare i divari di genere nel management delle aziende, le cui posizioni dirigenziali restano ancora nella maggior parte occupate da uomini“.