Dopo i disordini verificatisi a Capodanno, sabato 4 gennaio è stata una giornata densa di emozione per il carcere di Spoleto. Si è infatti tenuta la cerimonia di apertura dell’anno giubilare officiata da monsignor Renato Boccardo, vescovo dell’Archidiocesi di Spoleto-Norcia, alla presenza delle autorità civili e religiose, dell’amministrazione penitenziaria e dei detenuti. Presso l’Istituto di pena i carcerati hanno realizzato una “Porta Santa” simbolica che è quella che conduce alla chiesa interna. Un manufatto che racchiude in sé la speranza e la compassione degli ultimi verso gli ultimi.

La Porta Santa del carcere di Spoleto è il trionfo dell’umanità

Un inno all’umanità e ai sentimenti più nobili che legano tutti gli esseri umani anche nelle condizioni più estreme. Sulla Porta Santa del carcere spoletino i detenuti hanno raffigurato delle scene dal Vangelo. Sulle ante ci sono delle formelle con le immagini della Via Crucis mentre la base dorata è stata realizzata con le coperte termiche dei migranti che hanno attraversato il Mediterraneo nella speranza di una vita migliore.

Per questa speciale Porta Santa si sono mobilitati in molti. I detenuti sono stati coadiuvati dai docenti Giorgio Flamini, Maria Paola Buono e Roberta Visconti del percorso di secondo livello artistico dell’I.I.S. Sansi-Leonardi-Volta di Spoleto. Il manufatto ha preso vita nella falegnameria interna del carcere con il suo capo arte, lo spoletino Aleandro Pennetti Pennella mentre la Direzione e la Polizia Penitenziaria hanno fornito tutto l’aiuto necessario.

Monsignor Boccardo: “Bisogna capire quali porte aprire e quali chiudere”

Durante la partecipatissima omelia, monsignor Boccardo ha riflettuto sul significato profondo della parola “casa” e dei desideri che animano ogni essere umano. “La casa è il luogo dove ci si conosce, dove si impara a volersi bene e a perdonarsi. Provare a trovare una risposta a questa domanda vuol dire, allora, andare in casa. E voi avete preparato questa porta bellissima, che ho ammirato. Andare a casa vuol dire attraversare una porta” ha detto il vescovo.

L’omelia ha toccato anche il Giubileo appena apertosi con il suo messaggio di speranza. “Il Giubileo porta con sé l’immagine della porta. Perché quando si attraversa una porta c’è un prima e c’è un dopo, c’è quello che si trova prima e quello che sta dentro. Il primo messaggio per noi mi sembra essere quello di attraversare questa porta dando un nome a quanto sta fuori e a quanto si può trovare dentro. Tutta la nostra vita, in fondo, porta con sé dei passaggi di qualche porta. Si tratta di capire quali sono le porte che vanno chiuse e quali quelle invece che bisogna spalancare“. 

Verini: “Una porta che abbatte i muri”

Presente alla cerimonia anche Walter Verini, segretario della commissione Giustizia del Senato e capogruppo del Pd in Antimafia che in una nota ha sottolineato come sia stata la sincera commozione a animare quel momento molto sentito.

C’erano tanti detenuti – scrive Verini -, che hanno anche espresso auspici e preghiere durante la messa: per loro stessi, per avere una seconda chance dopo la pena. Per i loro figli e le famiglie. Per gli agenti di polizia penitenziaria e il personale di Maiano. Per la pace. A loro hanno fatto eco le parole di monsignor Boccardo, fondate sulla possibilità che la speranza interiore e la voglia di costruire nuovi percorsi di vita siano in grado di abbattere muri, quelli del dolore, del buio“.

Verini ha colto l’occasione per evidenziare le drammatiche condizioni in cui ancora vivono i detenuti italiani. “Suicidi, sovraffollamento, mancanza di personale, di affettività, di attività lavorative, di formazione, di sport e cultura. Scarsa attenzione a problemi sanitari. Pochissimi psicologi e mediatori linguistici. Tanto uso di psicofarmaci, a partire da troppi che dovrebbero stare non in carcere, ma in comunità a curarsi. E vuoto. Ore di vuoto” ricorda. Eppure la speranza con quella porta che si è spalancata è riuscita ad animare tutti i presenti alla cerimonia.

In chiusura, monsignor Boccardo ha fatto visita anche ai detenuti di massima sicurezza ristretti in regime 41 bis.Mi sono confrontato con la coscienza carica di sbagli compiuti, con una voglia di redenzione forte che, al di là di quanto giustamente viene definito dalle leggi, dice la dignità della persona e fa emergere quella scintilla di bene, di verità e di bellezza che abita il cuore di queste persone. Un momento particolarmente significativo che dà un buon inizio a questo Anno Santo” ha concluso il vescovo.