Chiudete gli occhi per un istante e immaginate il fruscio degli ulivi mossi dal vento, il suono lontano di una campana che segna l’ora in un borgo addormentato, l’oro obliquo del tramonto che accarezza le pietre antiche. In Umbria, ogni dettaglio è poesia. Ma a rendere davvero eterna questa terra sono stati i poeti che, con parole dense di luce e silenzio, ne hanno colto l’anima più profonda, scolpendo nei versi la bellezza discreta e spirituale che la attraversa. In questa regione, la poesia non è mai stata semplice esercizio letterario: è divenuta preghiera sussurrata al creato, confessione intima, dichiarazione d’amore alla vita e alla terra. Francesco d’Assisi ha elevato la parola a lode cosmica, un inno che abbraccia il cielo e la natura; Sandro Penna l’ha resa carezza lieve e malinconica, intrisa di dolcezza e silenzio. E poi tanti altri — celebri o nascosti — hanno intinto la loro penna nella luce morbida di un paesaggio che pare sospeso nel tempo, trasformando l’Umbria in un luogo dell’anima prima ancora che geografico.
Vi invitiamo a seguire un sentiero fatto di parole e bellezza, tra borghi che ancora raccontano, colline che sembrano ascoltare e voci che, pur lontane nel tempo, continuano a parlarci con la limpidezza dell’essenziale. Perché l’Umbria non si visita soltanto: si legge, si ascolta, si sente. E soprattutto… si tramanda in versi.
C'è qualcosa di profondamente umano e al tempo stesso trascendente nei versi di Jacopone da Todi. Frate francescano vissuto nel cuore del Duecento, in un’Umbria già vibrante di misticismo, Jacopone non fu soltanto un uomo di fede, ma un vero e proprio alchimista della parola: capace di trasformare la spiritualità in poesia e il tormento interiore in lauda, cioè in un canto che scavalca i secoli e ci parla ancora oggi. Le sue laude — scritte in volgare, dense, vibranti, spesso dolorose — non erano solo esercizi di devozione, ma vere e proprie confessioni dell’anima, in cui la tensione tra corpo e spirito si faceva carne e verbo. C’è il grido dell’uomo fragile, la passione di chi cerca Dio con ogni fibra del suo essere, ma anche la lucida consapevolezza delle fragilità umane, delle illusioni mondane, del bisogno d’amore che ci abita tutti.
Nel suo celebre Pianto della Madonna, ad esempio, Jacopone dà voce a Maria con una potenza emotiva senza precedenti: è un urlo dolente, straziante, materno, che spezza il cuore e apre la via a una nuova forma di poesia — drammatica, teatrale, intensamente vera. E così, tra slanci mistici e struggimenti profondi, tra versi che sembrano pregare e parole che sembrano piangere, Jacopone da Todi ha lasciato un’impronta incancellabile non solo nella storia della poesia religiosa, ma nell’anima stessa dell’Umbria: una terra che da sempre sa cantare il dolore, la fede e la bellezza con la voce dei suoi poeti.
C'è una voce, nella poesia italiana del Novecento, che riesce a farsi carezza pur rivelando inquietudine. È quella di Sandro Penna, nato a Perugia nel 1906, poeta appartato e sensibile, capace di trasformare emozioni intime e paesaggi quotidiani in versi essenziali e vibranti. Nella sua opera, il lirismo non è mai ostentato: è un sussurro sottile, sospeso tra malinconia, desiderio e stupore infantile.
Penna amava profondamente la sua città, eppure la visse sempre con un senso di distanza struggente. Lo scrive lui stesso in una lettera:
"Sono tornato a Perugia… oggi, terzo giorno, rivedo tutto assai bello.”
Una frase semplice, eppure intrisa di quella nostalgia discreta che permea tutta la sua poesia. Perugia diventa nei suoi versi una presenza silenziosa, fatta di luci oblique, vicoli addormentati, cieli fermi. Una città che osserva senza parlare, e che accoglie – come una madre antica – la solitudine del poeta.
Il suo sguardo è spesso rivolto al mondo con tenerezza e dolore insieme. La sua poesia è un diario emotivo, attraversato da un senso di meraviglia ma anche da un erotismo lieve, quasi trasparente, mai gridato. I suoi versi raccontano il passaggio del tempo, il desiderio trattenuto, l’amore vissuto come attesa o come memoria. E lo fanno con una lingua limpida, musicale, in cui ogni parola sembra scelta con pudore.
La sua figura, riscoperta e valorizzata solo negli ultimi decenni, è oggi simbolo di una poesia che non ha mai cercato il clamore, ma che ha lasciato un segno profondo nella letteratura italiana. Penna è stato premiato con il Viareggio nel 1957 e con il Bagutta nel 1977, ma ha vissuto sempre ai margini, tra Perugia e Roma, inseguendo una libertà esistenziale e poetica difficile da etichettare. Oggi, Perugia gli ha dedicato una biblioteca – la Biblioteca Sandro Penna, nel quartiere San Sisto – dove i suoi versi sono incisi su pannelli trasparenti, come frammenti sospesi nel tempo. È un tributo a una voce che, con delicatezza e intensità, ha saputo raccontare un’Umbria fatta di silenzi, luci oblique e affetti sussurrati, trasformando il paesaggio interiore in paesaggio poetico.
Nata a Perugia nel 1841, Maria Alinda Bonacci Brunamonti è stata molto più di una semplice poetessa: è stata la voce di un’Italia in fermento, un’anima sensibile capace di fondere l’impegno civile con la profondità dei sentimenti. Già a quattordici anni, con la pubblicazione dei suoi Canti religiosi, mostrava una precoce maturità artistica, mentre le passioni del Risorgimento accesero in lei un ardore patriottico che la portò ad essere l’unica donna ammessa al voto nel plebiscito per l’annessione dell’Umbria nel 1860.
La sua poesia è un ponte tra la bellezza della natura e l’intensità della vita, tra la quiete dei paesaggi di Piediluco e la forza della battaglia per la libertà. Nei suoi versi dedicati al lago e alle colline, come in questi struggenti frammenti:
"Piediluco! Chi ascese alla montagna,
vide il tuo lago adagiarsi nell’armonia del cielo…”
Le sue raccolte — dai Canti nazionali ai Versi campestri, dagli Idilli romantici ai Discorsi d’arte — raccontano una donna che sapeva innovare rimanendo profondamente radicata nella tradizione, capace di far vibrare emozioni e idee con rara sensibilità.
Oggi, il ricordo di Maria Alinda Bonacci Brunamonti vive ancora nelle strade di Perugia, nella casa natale, nei versi custoditi gelosamente nelle biblioteche e nei cuori di chi sa riconoscere in lei la pioniera che, con grazia e coraggio, ha dato voce alle passioni e alle speranze di una terra tutta da scoprire.