Piazza Grande pronta per la Festa dei Ceri. I lavori di ripavimentazione della piazza pensile stanno finalmente giungendo al termine, dopo un periodo di otto mesi nei quali la magnifica e ardita opera architettonica risalente al XV secolo è stata sottratta alla visibilità e alla fruibilità di cittadini e turisti. A darne l’annuncio, Luciano Cupelloni della Sapienza di Roma e Paolo Marcucci dello studio “Marcucci Associati” durante la conferenza “La ripavimentazione di Piazza Grande, conferme e scoperte” nell’ambito del ciclo di incontri “I Musei raccontano”.

Piazza Grande pronta per la Festa dei Ceri, all’inaugurazione invitato Sangiuliano

Insomma, si tranquillizzino i ceraioli e gli eugubini tutti, il 15 maggio, giorno della Festa dei Ceri, la piazza sarà nuovamente fruibile.

Alla cerimonia inaugurale – ha annunciato il sindaco Filippo Mario Stirati – è stato invitato anche il Ministro Sangiuliano.

Come hanno dichiarato Cupelloni e Marcucci non si è trattato di una semplice ripavimentazione ma di un lavoro di restauro vero e proprio preparato da un approfondito studio di ricerca e documentazione.

Durante lo scavo sono emersi anche altri reperti archeologici oltre a quelli già noti. In particolare i piloni di una fontana mai portata a termine e la scalea di accesso al Palazzo Pretorio, sede oggi del Municipio. Questi reperti saranno segnalati di concerto con la Soprintendenza con una leggera variazione della trama sulla nuova pavimentazione.

Piazza Grande pronta per la Festa dei Ceri. Il portico demolito dall’eccentrica nobildonna inglese

Esisteva anticamente anche un lungo porticato che copriva per intero lato occidentale della Piazza, proprio di fronte al Palazzo Ranghiasci-Brancaleoni coevo alla piazza, che ne faceva uno spazio concluso e che demolirono nel 1839 per volontà del marchese Francesco Ranghiasci-Brancaleoni.

La piazza, come la vediamo oggi, ha un nome solo e non è un nome italiano: Sarah Matilda Hobhouse, una nobildonna inglese che sposò il Marchese verso l’inizio dell’800 per poi piantarlo alcuni anni dopo anche in seguito alla morte prematura del figlio Latino.

Ebbene, questa dinamica ed eccentrica signora, già amante di Byron e di Ugo Foscolo, piombò a Gubbio portando una ventata innovativa che cambiò il tessuto urbano della città in maniera irreversibile.

Buckingham Palace a Piazza Grande

Volle portare con sé un lembo d’Inghilterra, costruendo a Piazza Grande un palazzo sullo stile di Buckingham Palace, l’attuale Palazzo Ranghiasci-Brancaleoni la cui mole occupa tutto il lato orientale della piazza.  Un intervento pregevole, come pregevoli furono i vasti giardini creati sul versante settentrionale del Monte Ingino, sempre nello stile nord europeo e degni delle saghe di Tolkien.

Purtroppo però la nobildonna non si fermò. Alla foga costruttiva, seguì anche la foga distruttiva com’è logico in qualsiasi processo di trasformazione. Preso il via, ormai non poteva fermarsi più.

E l’oggetto della sua foga innovativa fu proprio il porticato quattrocentesco di Piazza Grande che contrastava con i canoni del vedutismo. Si trattava di una corrente pittorica nata a Venezia nel Settecento che aveva si era sviluppata a Napoli con una schiera di pittori inglesi.

Il portico demolito nel nome del vedutismo

Ebbene, la Hobhouse non ebbe scrupoli: il porticato doveva scomparire al più presto per far posto al panorama. Un panorama peraltro molto bello, ma anche il portico era opera pregevole che al nostro tempo sarebbe stata sottoposta a varie tutele e perciò intoccabile.

La nobildonna inglese non ebbe tentennamenti e valendosi dell’influente marito che era anche il sindaco di Gubbio, decretò la demolizione del Portico. Cosa che avvenne appunto nel 1839. Da quel momento la Piazza cambiò la propria natura nel momento in cui venne a mancare l’elemento caratterizzante, costituito proprio dal Portico coevo alla piazza. Oggi ci parlano le rovine emerse durante lo scavo e ci restituiscono l’originale dimensione di quello spazio.

Vedutismo contro Rinascimento, due visioni inconciliabili

Non una vasta spianata verso il nulla ma una dimensione concettualmente più vicina alla nostra tradizione rinascimentale. Compiuta la demolizione, passò poco che la nobildonna se la filasse, ci scusiamo per il gioco di parole, all’inglese, abbandonando il marito.

Se pensiamo al passato della piazza e a come l’avevano concepita, capiamo che la sua funzione venne allora snaturata e anche falsificata.

Tuttavia questa situazione va accettata perché non è altro che il risultato di un processo che fa parte della storia di quel luogo. A circa 200 anni dalla dolorosa demolizione del portico, la realtà si è ormai stabilizzata in una nuova forma accettata da tutti, che ha dato a Piazza Grande una nuova e diversa vita.