17 Sep, 2025 - 12:05

Perugia, quarantenne a processo per aggressione: “Calcio allo sterno in stile karate dopo l’incidente della moglie”

Perugia, quarantenne a processo per aggressione: “Calcio allo sterno in stile karate dopo l’incidente della moglie”

Si è svolta ieri mattina, martedì 16 settembre, davanti al Tribunale di Perugia, una delle udienze più attese in un caso che ha scosso l'opinione pubblica. Un quarantenne è sotto processo con l’accusa di lesioni gravi, per aver sferrato – secondo l’accusa – un “calcio violento e improvviso allo sterno” a un automobilista coinvolto in un incidente stradale che aveva visto coinvolta la moglie dell’imputato e la loro bambina.

L’episodio risale ad aprile 2023 e si è verificato lungo la strada della Contessa, arteria che collega Gubbio a Scheggia, spesso teatro di incidenti per via delle sue curve e dei frequenti restringimenti.

La dinamica raccontata in aula lascia poco spazio a dubbi sulla gravità dell’accaduto: il quarantenne non avrebbe esitato a colpire con forza il conducente dell’altra auto, che stava ancora realizzando quanto era appena accaduto.

“Mi ha sferrato un calcio in stile karate”

Secondo quanto riportato nella querela, l’automobilista ferito ha raccontato di aver vissuto una scena drammatica e improvvisa:
“Mi ha sferrato un calcio in stile karate scaraventandomi dietro il guardrail. Sono caduto di testa tra le pietre e ho perso conoscenza. Avevo il respiro mozzato e gli occhi sbarrati”.

L’uomo è rimasto a terra, esanime, davanti agli occhi di un amico che era presente al momento dell’impatto. Quest’ultimo, visibilmente scosso, avrebbe urlato all’aggressore: “Che hai fatto? Perché lo hai fatto? Non respira, non respira più, respira male!”

La situazione è apparsa subito gravissima. L’amico ha allertato altri automobilisti di passaggio, che – sempre secondo quanto riportato negli atti – sarebbero arrivati pochi minuti dopo con un defibrillatore. Per fortuna, non si è reso necessario il suo utilizzo, ma la paura è stata molta.

“Sono stato io”: l’atteggiamento dell’indagato

Il tono del racconto in aula ha evidenziato un elemento ritenuto significativo dall’accusa: l’imputato, lungi dal negare quanto accaduto, avrebbe ammesso la propria responsabilità sul momento.
Sono stato io, avrebbe detto, “con atteggiamento fiero, come se fosse partito da casa non per soccorrere ma per fare giustizia sommaria.

Un particolare che secondo il pubblico ministero rafforza l’ipotesi di un gesto punitivo, più che di una reazione emotiva incontrollata.

La moglie dell’aggredito: “Invece di soccorrere, aggredisci”

Anche la moglie della persona offesa, presente sul luogo dell’incidente pochi istanti dopo il fatto, avrebbe affrontato l’aggressore urlandogli contro: “Invece di soccorrere aggredisci con furia inaudita e rischi di ammazzare un uomo”.

Le sue parole risuonano come un atto d’accusa morale, oltre che giudiziaria, e riflettono il dramma vissuto in quei minuti, in cui la priorità sarebbe dovuta essere la verifica delle condizioni di salute di chi era coinvolto nel sinistro.

Il referto medico: fratture costali e 30 giorni di prognosi

L’automobilista colpito è stato trasportato d’urgenza all’ospedale di Branca, dove i medici hanno riscontrato:

  • difficoltà respiratoria,

  • perdita di conoscenza,

  • “lieve irregolarità corticale dell’arco anteriore dell’ottava e nona costa, compatibile con infrazione”.

La prognosi è stata giudicata guaribile in 30 giorni, un elemento che ha portato il pubblico ministero Franco Bettini a contestare il reato di lesioni personali gravi.

Il processo: contestazione di lesioni gravi e richiesta di messa alla prova

Durante l’udienza di ieri, il PM ha illustrato la ricostruzione dei fatti e ribadito la gravità dell’azione. L’imputato, difeso dal proprio legale, ha chiesto la messa alla prova, un istituto che – se concesso – sospende il processo e consente all’imputato di svolgere lavori di pubblica utilità o di impegnarsi in attività riparative.

La decisione su questa richiesta sarà discussa nella prossima udienza, fissata per il 17 gennaio 2026.

Giustizia sommaria o legittima reazione?

Il caso ha sollevato un acceso dibattito anche fuori dall’aula. Da un lato, c’è chi comprende la rabbia dell’imputato, padre di famiglia che ha visto moglie e figlia coinvolte in un incidente potenzialmente grave. Dall’altro, c’è chi parla di un atto di violenza spropositato, che avrebbe potuto trasformarsi in tragedia.

La linea sottile tra legittima reazione e giustizia sommaria è uno dei nodi centrali del processo. In aula si cercherà di stabilire se l’uomo abbia agito per difendersi, per proteggere i suoi cari, o se invece abbia scelto deliberatamente di punire chi riteneva responsabile.

Il ruolo dei testimoni

Fondamentali saranno le testimonianze delle persone presenti sulla scena. Oltre all’amico della vittima, anche altri automobilisti e i soccorritori potranno confermare o meno il clima di tensione e l’atteggiamento del quarantenne.

Il processo, quindi, non sarà solo un giudizio su un singolo gesto, ma anche sulla proporzionalità della reazione e sulla capacità di gestire la rabbia in situazioni di emergenza.

Sicurezza stradale e responsabilità civica

L’episodio riporta l’attenzione anche sul tema più ampio della sicurezza stradale lungo la Contessa, una strada che negli anni è stata teatro di numerosi incidenti, alcuni anche mortali.

Ma soprattutto solleva domande di ordine sociale: come si concilia il bisogno di giustizia immediata con il principio di legalità? Fino a che punto l’emotività può giustificare un gesto violento?

Prossime tappe

La prossima udienza, fissata per gennaio 2026, sarà fondamentale per comprendere se la richiesta di messa alla prova verrà accolta e se si potrà evitare un processo lungo.

Intanto, la vicenda resta al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, divisa tra empatia per un padre che ha reagito d’impulso e la necessità di affermare che nessun atto di violenza può essere tollerato, soprattutto in momenti in cui la priorità dovrebbe essere prestare soccorso.

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Mario Farneti
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