È stato condannato a sette anni di reclusione dal Gup del Tribunale di Perugia un uomo di 47 anni, cittadino romeno, ritenuto responsabile di una serie di condotte gravemente lesive nei confronti della giovane nipote. I fatti, secondo l’accusa, si sarebbero protratti per diversi anni, approfittando di un rapporto fiduciario e della presenza della minore in ambienti domestici condivisi. Il procedimento si è svolto con rito abbreviato, scelta che prevede una riduzione automatica di un terzo della pena in caso di condanna.
Al termine del giudizio, il giudice ha inoltre disposto per l’uomo l’interdizione dai pubblici uffici, nonché il riconoscimento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari a 50mila euro, destinata alla persona offesa a titolo di risarcimento per il danno subito. L’entità complessiva del risarcimento sarà successivamente definita in sede civile.
A far emergere la verità è stata la stessa giovane, che dopo anni di silenzi imposti ha trovato la forza di raccontare quanto avrebbe subito, ponendo fine a un incubo durato fin troppo a lungo. Secondo gli inquirenti, il silenzio della minore sarebbe stato il frutto di un pesante condizionamento psicologico, alimentato da minacce costanti che l’avrebbero spinta a non confidarsi con nessuno.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, che si è basata su testimonianze e approfondimenti psicologici, la giovane sarebbe stata manipolata attraverso un clima di paura crescente. L’uomo avrebbe minacciato la vittima, facendole credere che i suoi genitori si sarebbero ammalati gravemente se avesse svelato quanto stava accadendo. Non solo: attraverso pressioni economiche, avrebbe cercato di fare in modo che alcuni familiari non parlassero, e, come emerso durante l’inchiesta, avrebbe anche tentato di allontanarsi dal Paese per sfuggire alla giustizia.
Il pubblico ministero Patrizia Mattei, nella sua requisitoria, aveva sollecitato una condanna a dieci anni di reclusione per il 47enne accusato di abusi sessuali. Tuttavia, il giudice, pur riconoscendo la gravità dei fatti, ha deciso di applicare le attenuanti generiche, considerandole prevalenti rispetto alle aggravanti contestate. Di conseguenza, la pena finale è stata fissata a sette anni di carcere, un periodo che il giudice ha ritenuto adeguato alla luce delle circostanze.
L’udienza si è svolta a porte chiuse, una prassi prevista dalla legge per tutelare la riservatezza delle vittime, particolarmente quando coinvolte persone vulnerabili. Tale decisione ha avuto lo scopo di garantire la privacy e la protezione della giovane vittima, nonché delle altre persone coinvolte nel procedimento.
Nel contesto della condanna, le parti civili, assistite dall'avvocato Delfo Berretti, hanno ottenuto il riconoscimento di una provvisionale immediatamente esecutiva, pari a 50 mila euro, quale risarcimento per i danni subiti. La cifra stabilita potrà essere successivamente rivalutata in sede civile, quando sarà quantificato in modo definitivo l'ammontare del danno subito dalla vittima, sulla base delle evidenze raccolte durante il processo.
Il verdetto del tribunale costituisce un passaggio cruciale nel lungo e faticoso cammino verso la verità e la giustizia, ma non potrà mai cancellare le cicatrici interiori inflitte da anni di abusi. Ferite invisibili ma profonde, che hanno devastato non solo la giovane vittima, ma anche l’intero tessuto familiare e sociale in cui i fatti si sono consumati.
Questa vicenda pone drammaticamente al centro il tema della fiducia tradita, della fragilità dell’infanzia e dell’urgenza di un ascolto autentico e partecipe nei confronti di chi, troppo spesso, non ha voce. Un monito sull’importanza di vigilare, proteggere e agire tempestivamente, per non lasciare mai soli i più indifesi.