27 Jun, 2025 - 13:15

Perugia, licenziata per "colpa del marito": la sentenza stabilisce provvisionale e reintegro

Perugia, licenziata per "colpa del marito": la sentenza stabilisce provvisionale e reintegro

Era stata licenziata "per vendetta", per via delle dimissioni del marito dall'azienda dove condividevano la professione. Quel licenziamento è stato dichiarato ingiusto, illeggittimo e nullo. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Perugia, secondo cui l'azienda dovrà risarcire la donna con 140mila euro e predisporre il reintegro.

Licenziamento "per ritorsione" illeggitimo: la ricostruzione dei fatti

La Corte d'appello di Perugia ha stabilito che il licenziamento di una lavoratrice da parte di Spa Energia è stato dichiarato ingiustificato e soprattutto nullo.

La vicenda riguarda una dipendente laureata in Economia e Marketing, assunta nel 2010, presso la sede folignate dell’azienda, che ha fatto ricorso dopo il licenziamento nel 2023

"La donna -  sottolinea il suo difensore, l’avvocato Siro Centofanti -  aveva ottenuto promozioni e riconoscimenti personali, fino al trasferimento nel 2022 presso la sede di Pescara dopo il matrimonio con un agente di commercio della stessa azienda. Le dimissioni di quest'ultimo (per un altro lavoro) nel marzo 2023 avevano scatenato le ire del titolare dell'azienda". 

La dipendente, una settimana dopo le dimissioni del marito, era stata licenziata perché, dopo averle cambiato mansione, secondo l’azienda avrebbe parlato con i colleghi in maniera “non congrua” di questa decisione presa dall’alto e avrebbe rivelato al marito chi lo aveva sostituito.

La sentenza dà ragione alla donna

Se in primo grado, il ricorso della dipendente era stato respinto dal giudice del lavoro di Spoleto, in secondo grado, la Corte d’appello civile di Perugia ha ritenuto motivate le sue ragioni, disponendo il reintegro e il pagamento degli arretrati oltre alle spese processuali.

L'azienda - secondo la condanna dei giudici (presidente del collegio Simonetta Liscio, giudici a latere Pierluigi Panariello e Ombretta Paini) - dovrà pagare tutte le retribuzioni del periodo del licenziamento, più altre 15 mensilità se non la riprendesse al lavoro, che significa un esborso di 140mila euro più altri 15mila di spese di giudizio.

"La sentenza dimostra - le parole del legale Centofanti, già docente di Diritto del lavoro riprese dal Messaggero - come vi è sempre la possibilità per il lavoratore di ottenere una tutela effettiva e completa, soprattutto nei casi di licenziamento discriminatorio o ritorsivo (come, nella specie, per ritorsione trasversale) o per causa di malattia o handicap, nei quali la tutela applicata è la stessa di quella del famoso originario articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970".

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Emanuele Landi
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