L’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, monsignor Ivan Maffeis, ha rinnovato l’appello per la concessione di “una qualche forma di indulto” a favore dei detenuti italiani, indicando la necessità di interventi concreti capaci di favorire il reinserimento sociale e di salvaguardare la dignità delle persone private della libertà. Il richiamo è avvenuto nel corso di una celebrazione religiosa nel carcere di Capanne, in occasione delle imminenti festività natalizie.
Un messaggio che intreccia la riflessione spirituale a una lucida analisi delle profonde criticità strutturali e umane che caratterizzano il sistema penitenziario italiano.
Nel corso della celebrazione, monsignor Maffeis ha sottolineato l’importanza di offrire ai detenuti strumenti di speranza e opportunità concrete: “Torniamo a chiedere una qualche forma di indulto, che aiuti le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società e offra a tutti reali opportunità di reinserimento”. Il presule ha inoltre ricordato come il Giubileo, nella sua origine biblica, rappresenti un anno di grazia in cui ogni individuo ha la possibilità di ricominciare, un principio che trova corrispondenza concreta nelle politiche di clemenza e nelle misure di sostegno al reinserimento.
Monsignor Maffeis ha richiamato l’attenzione sulle difficoltà strutturali delle carceri, evidenziando: “Nonostante l’impegno di chi si prende cura della realtà penitenziaria, dal personale agli educatori, dal cappellano ai volontari, le condizioni in cui versa il carcere parlano di risorse limitate, sovraffollamento, disagio mentale, atti di autolesionismo e assistenza sanitaria carente”. Parole che evidenziano come le condizioni materiali del carcere possano incidere profondamente sul percorso di recupero dei detenuti, rendendo ancora più necessarie misure che favoriscano la loro reintegrazione nella società.
Il richiamo al Giubileo non è solo simbolico. Monsignor Maffeis ha sottolineato come l’indulto possa rappresentare un atto concreto di misericordia, capace di trasformare la vita dei detenuti e dei loro familiari: “Il Giubileo nella sua origine biblica era un anno di grazia in cui ad ognuno si offriva la possibilità di ricominciare”.
In questo senso, l’iniziativa si inserisce in una più ampia prospettiva di giustizia riparativa, in cui la clemenza non significa abbassare la guardia sulla legalità, ma accompagnare le persone verso un reale reinserimento sociale.
La visita nel carcere di Capanne rientra nel programma natalizio dell’arcivescovo, che concluderà il Giubileo diocesano domenica 28 dicembre nella chiesa parrocchiale di San Sisto, in occasione della festa della Santa Famiglia di Nazareth.
Il calendario liturgico include altre celebrazioni e iniziative pastorali, mantenendo un legame forte con la pastorale familiare e l’attenzione verso i più vulnerabili, in linea con l’impegno di Maffeis per una Chiesa vicina ai bisogni concreti dei cittadini.
L’appello di monsignor Maffeis si inscrive nel più ampio dibattito sulla riforma penitenziaria e sulle politiche di giustizia riparativa, richiamando l’attenzione sull’effetto sociale concreto di provvedimenti di clemenza. Secondo numerosi esperti e operatori del settore, misure di clemenza attentamente calibrate e accompagnate da strutturati percorsi di reinserimento, formazione e sostegno educativo possono incidere in modo significativo sulla riduzione della recidiva, contribuendo al recupero sociale delle persone detenute.
In questa prospettiva, la richiesta di indulto assume una portata che va oltre la dimensione strettamente religiosa, configurandosi come un tema di rilievo sociale e civile. Al centro del richiamo vi sono la dignità della persona, anche nella condizione di privazione della libertà, e il diritto a una seconda possibilità, principi che trovano particolare risonanza nel tempo delle festività natalizie e nel significato simbolico del Giubileo, inteso come occasione di riconciliazione, ripartenza e rinnovata fiducia nel futuro.