26 Oct, 2025 - 10:05

Perugia, gestiva un giro di prostituzione domestico con la moglie e altre donne: confermata in appello la condanna per sfruttamento sessuale

Perugia, gestiva un giro di prostituzione domestico con la moglie e altre donne: confermata in appello la condanna per sfruttamento sessuale

La Corte d’Appello di Perugia ha confermato la condanna nei confronti di un uomo accusato di aver organizzato e gestito un vero e proprio giro di prostituzione domestica, coinvolgendo la moglie e alcune amiche. Secondo quanto emerso, l’imputato, ritenuto colpevole di violazione della legge Merlin, aveva trasformato l’abitazione in un centro di incontri a pagamento, presentato all’esterno come un innocuo studio di massaggi.

L’indagine che ha portato alla luce un sistema strutturato di sfruttamento

Secondo quanto riportato da PerugiaToday, il caso nasce da un’attività investigativa avviata a seguito di diverse segnalazioni e di elementi emersi nel corso di controlli precedenti. Gli accertamenti condotti dalle forze dell’ordine hanno permesso di far luce su un’attività di prostituzione strutturata e continuativa: l’uomo, residente nella periferia perugina, avrebbe trasformato una stanza della propria abitazione in un ambiente riservato destinato agli incontri sessuali a pagamento.

All’interno del locale, accuratamente allestito con un lettino da massaggi e dotato di telecamera di sorveglianza, si sarebbero svolti gli incontri tra clienti e donne reclutate. La presenza del sistema di ripresa - installato per consentire all’uomo di monitorare quanto accadeva - ha rappresentato uno degli elementi più significativi dell’impianto accusatorio.

La ricostruzione dei fatti

Come ricostruito nel processo, l’imputato avrebbe pubblicato annunci su siti internet specializzati, pubblicizzando il servizio come “massaggi rilassanti ed emozionali”, ma corredando i post con fotografie esplicite e descrizioni che lasciavano pochi dubbi sulla reale natura dell’attività. Le donne coinvolte sarebbero state indotte a ricevere i clienti presso l’appartamento, mentre l’uomo gestiva ogni aspetto organizzativo: dagli annunci online, agli appuntamenti, fino alla riscossione dei compensi. Le testimonianze delle persone offese sono state determinanti: le donne hanno raccontato come l’imputato “si occupasse personalmente della pubblicità e delle chiamate dei clienti, trattenendo per sé i guadagni”, mantenendo così il pieno controllo economico e logistico dell’attività.

Il profitto illecito e la violazione della legge Merlin

Il nodo centrale della condanna confermata dalla Corte d’Appello riguarda proprio lo sfruttamento economico. È stato accertato che l’uomo non solo gestiva la promozione e l’organizzazione delle prestazioni, ma pretendeva anche la consegna diretta del denaro ricevuto dalle donne. Un comportamento che, secondo i giudici, integra pienamente gli estremi del reato previsto dalla legge Merlin, che vieta ogni forma di gestione, favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione altrui.

L’insieme delle prove ha delineato un quadro coerente e dettagliat di un’attività stabile e strutturata, finalizzata al lucro personale. La Corte ha perciò ritenuto “ampiamente dimostrata la piena consapevolezza e volontà dell’imputato nel gestire un’attività di meretricio organizzata, fondata sullo sfruttamento delle donne coinvolte e sull’utilizzo della propria abitazione come luogo di esercizio del commercio sessuale”.

Confermata la condanna: un precedente per la legge Merlin in contesti domestici

La Corte d’Appello ha confermato integralmente la condanna già pronunciata in primo grado, sancendo la piena responsabilità dell’uomo per lo sfruttamento della prostituzione all’interno della propria abitazione. Sebbene non siano stati resi noti i dettagli sulla pena comminata, la sentenza rappresenta un precedente rilevante per la giurisprudenza locale, soprattutto in merito all’applicazione della Legge Merlin nei contesti di prostituzione “domestica” o occultata dietro attività apparentemente lecite, come i falsi centri massaggi. 

Il caso evidenzia come il fenomeno dello sfruttamento sessuale in ambito privato rimanga tuttora presente e radicato, proprio perché più difficile da individuare rispetto alle strutture organizzate e maggiormente esposte al controllo delle forze dell’ordine.

Dal vincolo affettivo allo sfruttamento: un sistema basato su dipendenza e controllo psicologico

Le donne coinvolte hanno raccontato un contesto caratterizzato da forte dipendenza e soggezione psicologica, amplificata dalla natura domestica delle attività: uno spazio apparentemente protetto, ma in realtà regolato da logiche di profitto e controllo. Le indagini hanno ricostruito una dinamica di sfruttamento basata sulla fiducia, sul vincolo relazionale e sulla manipolazione emotiva - elementi che rendono spesso più complesso per le vittime denunciare o liberarsi da tali situazioni.

L'esito processuale non si limita a certificare le responsabilità penali, ma richiama l’attenzione sull’urgenza di potenziare gli strumenti di tutela delle vittime e i controlli nei confronti delle forme di prostituzione “invisibile”, che si sviluppano al di fuori dei circuiti tradizionali e sfuggono più facilmente al monitoraggio delle autorità.

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Francesco Mastrodicasa
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