La sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi ha inviato una lettera ufficiale alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni chiedendo che l'Italia proceda al riconoscimento dello Stato di Palestina. Una presa di posizione netta, che segue l'approvazione in Consiglio comunale dell'ordine del giorno promosso dalla maggioranza lo scorso 14 luglio e che pone la città umbra al centro del dibattito politico nazionale su uno dei temi più delicati dello scenario internazionale.
“Lo dissi mesi fa, lo ribadisco da questo spazio istituzionale: a Gaza è in corso un genocidio”, ha affermato Ferdinandi, sottolineando che Perugia non intende restare in silenzio di fronte a quella che definisce una “tragedia umanitaria di proporzioni drammatiche”. La lettera, ha precisato il Comune, rappresenta l'attuazione concreta dell'odg votato in Aula, e si propone di portare la voce della città nelle sedi istituzionali nazionali e internazionali.
Nel testo indirizzato a Palazzo Chigi, la sindaca rilancia il principio del riconoscimento dello Stato di Palestina “entro i confini del 1967 e con Gerusalemme capitale condivisa”, definendolo un “atto politico e diplomatico necessario per tenere aperta la prospettiva della pace, della giustizia e della coesistenza tra i popoli”. L’Italia, secondo Ferdinandi, “non può più restare ferma”: deve allinearsi ai principi del diritto internazionale e onorare gli impegni presi in sede parlamentare nel 2015.
La missiva non si limita a un appello simbolico: si inserisce in un pacchetto di iniziative intraprese dall'amministrazione cittadina, tra cui l'adesione alla campagna nazionale "50.000 sudari per Gaza" e la proposta di sospendere l'acquisto e la vendita di medicinali provenienti da Israele da parte dell'Azienda farmaceutica municipale, misura che sarà valutata nel prossimo Consiglio di amministrazione.
Il 14 luglio il Consiglio comunale di Perugia ha approvato con 19 voti favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti l’odg che chiedeva alla Giunta di farsi promotrice del riconoscimento della Palestina come Stato sovrano e democratico. Il testo ha generato un acceso dibattito politico, con il centrosinistra e le forze civiche a sostegno della proposta e il centrodestra a esprimere forti perplessità.
Lorenzo Falistocco (AVS), tra i promotori dell’odg, lo ha definito “un atto doveroso per intervenire in difesa della popolazione civile”, mentre Antonio Donato (M5S) ha parlato di una scelta “di coscienza prima ancora che politica”. Diverse voci, come quella di Lucia Maddoli (Orchestra per la Vittoria), hanno richiamato la responsabilità morale delle istituzioni locali: “Non prendere posizione chiara significa assumersi una gravissima responsabilità verso le migliaia di vittime innocenti di Gaza”.
Dall’opposizione, Riccardo Mencaglia (FdI) ha criticato l’odg definendolo “sbilanciato e pericoloso”, mentre Leonardo Varasano (Progetto Perugia) ha evidenziato la mancanza di riferimenti agli attacchi del 7 ottobre e alle garanzie minime di legalità e sovranità necessarie per legittimare lo Stato palestinese.
La posizione di Perugia contrasta con quella espressa pochi giorni dopo dal Consiglio comunale di Terni, dove una mozione analoga promossa dal Movimento 5 Stelle è stata bocciata. Il sindaco Stefano Bandecchi ha chiarito la propria opposizione: “Non posso riconoscere uno Stato di Palestina che in questo momento è in mano a un’organizzazione terroristica come Hamas”. Pur condannando l’escalation militare israeliana, Bandecchi ha rifiutato ogni equiparazione tra le due parti in conflitto, affermando che non intende legittimare soggetti che “cancellano i diritti delle donne e negano i principi della laicità”.
Il gesto della sindaca Ferdinandi ha un valore simbolico e politico insieme: parla a nome di una città che vuole prendere posizione su un conflitto che scuote le coscienze, superando il silenzio istituzionale. La sua iniziativa non è isolata, ma si colloca in un contesto europeo in cui crescono le pressioni per un riconoscimento formale dello Stato di Palestina come leva per aprire nuovi spazi di dialogo e interrompere una spirale di violenza apparentemente senza fine.
La politica locale, in questo caso, si fa cassa di risonanza per le istanze globali. E dimostra come anche da un Comune possa partire un segnale forte, capace di alimentare un confronto nazionale su pace, giustizia e diritti umani.