Un nuovo caso di droga colpisce la città di Perugia, teatro ormai frequente di episodi legati al traffico di stupefacenti. Questa volta, protagonista della vicenda è un 36enne tunisino, già sottoposto agli arresti domiciliari, sorpreso a spacciare dalla sua abitazione. Nonostante la misura restrittiva, l’uomo ha continuato senza scrupoli a portare avanti la sua attività illecita, ignorando le indagini e il controllo delle autorità.

L’episodio rappresenta l’ennesima dimostrazione della complessità del fenomeno dello spaccio di droga nel capoluogo umbro, che negli ultimi anni ha visto un’intensificazione dell’attività delle forze dell’ordine per contrastare una rete criminale sempre più radicata. Casi come questo evidenziano quanto sia difficile estirpare un problema che coinvolge diverse fasce della popolazione e mette a rischio la sicurezza pubblica.

Perugia, tunisino ai domiciliari sorpreso a spacciare: scatta l’arresto

Il caso è emerso grazie all’intervento tempestivo e preciso delle forze dell’ordine. L’uomo, nonostante fosse ai domiciliari, ha continuato a gestire il traffico di stupefacenti, organizzando le sue operazioni direttamente dalla sua abitazione. La svolta è arrivata quando un individuo è stato fermato poco lontano dalla casa del tunisino. Durante un controllo, l’uomo è stato trovato in possesso di diverse dosi di eroina.

Insospettiti, gli agenti hanno analizzato il telefono del fermato, scoprendo una serie di chiamate e messaggi diretti al 36enne agli arresti domiciliari. Questi elementi hanno portato gli investigatori a concludere che il tunisino continuasse a spacciare dalla sua dimora. Una volta raccolte le prove necessarie, è stata avanzata una richiesta di aggravamento della misura cautelare.

Il gip non ha esitato a dare il via libera alla richiesta, considerando la condotta recidiva e spregiudicata dell’uomo. Il trentaseienne è stato prelevato dalla sua abitazione e trasferito nel carcere di Perugia, dove dovrà attendere l’esito del processo.

Le conseguenze legali per lo spacciatore tunisino: cosa rischia ora

La posizione dell’uomo si è ulteriormente aggravata dopo l’arresto. Essere sorpreso a spacciare mentre si trovava agli arresti domiciliari rappresenta una violazione grave della misura cautelare, che potrebbe tradursi in una pena particolarmente severa.

In base all’articolo 73 del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/90), lo spaccio di droga prevede pene che vanno dai 6 ai 20 anni di reclusione, a seconda della gravità del reato e delle circostanze aggravanti. Nel caso specifico, il fatto che l’uomo fosse già sottoposto a una misura cautelare potrebbe portare a un inasprimento della pena. Inoltre, l’accusa di recidiva potrebbe ulteriormente pesare sull’esito del processo.

Le indagini hanno evidenziato come l’attività illecita del 36enne fosse ben organizzata, con un sistema di comunicazione che gli permetteva di mantenere contatti con i clienti anche durante gli arresti domiciliari. Questo elemento potrebbe essere interpretato come ulteriore dimostrazione della pericolosità sociale del soggetto, spingendo il giudice a optare per una condanna più severa.

Il trasferimento in carcere rappresenta già una misura cautelare più restrittiva, ma l’uomo potrebbe ora trovarsi a dover affrontare un lungo periodo di detenzione, soprattutto se le indagini dimostreranno che il traffico di stupefacenti non era un episodio isolato.

Un fenomeno che continua a preoccupare Perugia

L’arresto del tunisino è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di operazioni delle forze dell’ordine volte a contrastare il fenomeno dello spaccio di droga a Perugia. La città, nonostante gli sforzi delle autorità, continua a essere un crocevia per il traffico di sostanze stupefacenti, con una rete criminale che sembra rigenerarsi rapidamente nonostante i numerosi arresti e sequestri. Questo caso sottolinea l’importanza di intensificare non solo i controlli, ma anche le strategie di prevenzione, con interventi mirati a colpire le radici del problema. Al tempo stesso, si rivela necessario un approccio più severo nei confronti dei recidivi, per evitare che episodi simili continuino a ripetersi.