L'articolo 27 della Costituzione italiana stabilisce che le pene "devono tendere alla rieducazione del condannato". In quest'ottica lo studio e la cultura sono leve fondamentali per fornire nuovi strumenti in vista del ritorno in libertà. Un progetto degno di nota arriva dal carcere perugino di Capanne dove, grazie alla collaborazione con l'Itet "Aldo Capitini", 13 detenute seguiranno un corso di studi con l'obiettivo di conseguire il diploma di maturità tecnica in Amministrazione, finanza e marketing nell'ambito del corso sperimentale carcerario.
L'iniziativa, creata insieme al Cpia Perugia 1 di Ponte San Giovanni, con il sostegno del Comune di Perugia e dell’Ufficio scolastico regionale è stata presentata a Palazzo dei Priori, alla presenza dell'assessora comunale all'istruzione Francesca Tizi, della vice direttrice della casa circondariale Eva Mariucci e dei dirigenti scolastici del "Capitini", Silvio Improta, e del Cpia Perugia 1, Alfonso Noto.
Le lezioni prenderanno ufficialmente il via lunedì 27 ottobre con i docenti del Capitini e del Cpia che terranno le lezioni grazie alla collaborazione con il Comune di Perugia e al sostegno dell’Ufficio scolastico regionale. Tra le numerose note positive del progetto c'è da dire che lo stesso è nato dalla volontà delle stesse studentesse, che dopo aver completato il biennio delle superiori con il Cpia Perugia 1, hanno chiesto di poter proseguire gli studi e ottenere il diploma.
Nel carcere è stata così allestita un’aula dedicata. Il percorso prevede che al termine delle lezioni le strudentesse sostengano un esame finale, superato il quale potranno accedere alla classe quinta dell'apposita sezione carceraria dell'Itet che verrà attivata dal prossimo anno scolastico.
Quella di Capanne può costituire a tutti gli effetti una buona pratica nell'ambito delle iniziative che vogliono "accorciare le distanze" fra chi è ristretto e chi è fuori. Un percorso che, spiegano gli organizzatori, mette insieme istituzioni e comunità educante in un progetto che "non conosce muri ma costruisce ponti, restituendo dignità, motivazione e futuro a chi sceglie di investire su sé stesso".
La dimostrazione concreta che l'accesso all'istruzione può essere davvero garantito a tutti e tutte, anche nella condizione della privazione della libertà perché la scuola stessa è uno strumento di libertà, crescita e consapevolezza. In questo caso la prospettiva dell'istruzione come possibilità di riscatto assume un significato ancora più vero. Le donne che oggi studiano dietro alle sbarre, saranno domani cittadine libere in grado di contribuire alla società grazie allo studio e alla preparazione acquisita durante il periodo di detenzione.
L'assessora Tizi ha sottolineato come l'esperienza di Capanne rispecchi una visione della scuola "che accoglie, include e che non si ferma davanti a nessun limite, nemmeno quello di un istituto penitenziario. Portare l'istruzione dentro il carcere significa - ha aggiunto - trasformare il tempo della detenzione in tempo di crescita, di conoscenza e di rinascita, e dare pieno significato a quella norma costituzionale che afferma la funzione rieducativa della pena".
Durante la presentazione del progetto la vice direttrice del carcere perugino ha portato la toccante testimonianza di una detenuta leggendo una sua lettera in cui ha raccontato il suo punto di vista.
"La scuola per me qui da sempre è stata una mia battaglia. Ero sola all'inizio e lo sono stata per molto tempo. Ma poi alla mia voce una alla volta si sono unite prima una, poi un'altra e un'altra ancora, fino a diventare un coro di voci unite, a chiedere, tutte con la stessa tonalità, la voglia e il bisogno di imparare, di conoscere, di crescere. La voglia di conoscere per cambiare".