È arrivata la conferma ufficiale: una donna residente a Perugia, di ritorno da un viaggio all’estero in una zona dove la Dengue è endemica, è risultata positiva agli anticorpi del virus. Le sue condizioni cliniche non destano preoccupazione: la paziente non ha necessitato di ricovero ospedaliero ed è seguita in regime domiciliare. Ma la segnalazione, comunicata dal Servizio di Igiene e Sanità pubblica dell’Usl Umbria 1, rappresenta il primo caso accertato nel capoluogo umbro dall’inizio del 2025 e ha fatto scattare immediatamente il protocollo di sorveglianza.
La febbre Dengue è causata da un virus trasmesso dalle zanzare del genere Aedes, la stessa famiglia della cosiddetta zanzara tigre, ormai diffusa anche in Italia. A differenza di altre infezioni come il West Nile, la Dengue può essere trasmessa da una persona infetta alla zanzara che la punge: quest’ultima diventa poi capace di infettare altri individui. È questo il meccanismo che rende necessarie contromisure tempestive, anche quando il caso è importato dall’estero.
Dopo la diagnosi, i tecnici dell’Usl hanno avviato un’indagine epidemiologica e condotto un sopralluogo nell’area di residenza della paziente. Qui verranno collocate trappole per catturare le zanzare, che saranno poi inviate all’Istituto zooprofilattico sperimentale di Perugia per verificare l’eventuale presenza del virus.
Parallelamente, il Comune ha predisposto un intervento di disinfestazione straordinaria, che scatterà nella notte del 17 settembre, con l’impiego di adulticidi e larvicidi. L’ordinanza che regolerà l’operazione sarà pubblicata nelle prossime ore sul sito istituzionale dell’amministrazione comunale.
La Dengue è un’infezione virale che può presentarsi in forme molto diverse: nella maggior parte dei casi provoca sintomi simili a quelli influenzali - febbre alta, forti dolori muscolari e articolari, mal di testa, eruzioni cutanee - ma in una piccola percentuale può evolvere in una forma più grave, nota come febbre emorragica Dengue. In questo caso si manifestano emorragie, calo delle piastrine e perdita di liquidi che possono portare a shock circolatorio.
Il virus esiste in cinque sierotipi differenti. Una persona infettata da uno di questi acquisisce un’immunità permanente solo contro quel ceppo, ma non contro gli altri: un dettaglio che spiega perché un secondo contagio possa risultare più rischioso.
La storia della Dengue affonda le radici nel XVIII secolo: la malattia venne descritta per la prima volta nel 1779, mentre la sua eziologia virale fu dimostrata soltanto all’inizio del Novecento. L’origine del termine è ancora discussa: secondo alcuni deriverebbe dallo swahili Ka-dinga pepo, che indicava un male provocato da uno spirito maligno; secondo altri, invece, dal termine spagnolo dengue, che significa “rigido” o “fastidioso”, a ricordare la postura dolorante dei malati. Nel tempo, è stata chiamata anche “febbre spaccaossa”, proprio per i dolori lancinanti che provoca.
Negli ultimi decenni la diffusione del virus ha assunto proporzioni globali: si stima che ogni anno vengano registrati tra 50 e 100 milioni di contagi in oltre 110 Paesi, con un incremento costante a partire dagli anni Sessanta. Il cambiamento climatico, l’aumento dei viaggi internazionali e la presenza stabile della zanzara tigre in Europa rendono plausibile il rischio di casi autoctoni anche in Italia.
Non esiste una terapia specifica contro la Dengue. Il trattamento è essenzialmente di supporto: idratazione abbondante nelle forme lievi, somministrazione endovenosa di liquidi nei casi più gravi e, in presenza di complicanze, ricorso a trasfusioni. Negli ultimi anni sono stati sviluppati alcuni vaccini in Paesi ad alta incidenza, ma la loro diffusione è ancora limitata e non rappresenta, al momento, una soluzione globale.
La prevenzione resta quindi la strategia più efficace: eliminare i ristagni d’acqua, svuotare sottovasi, controllare tombini e grondaie, utilizzare zanzariere e repellenti. Semplici gesti quotidiani che riducono la possibilità di proliferazione delle zanzare vettori.