Caos al carcere di Capanne dove un episodio di violenza è sfociato, addirittura, in un incendio. Non è la prima volta: situazione nel carcere di Capanne a Perugia si è nuovamente inasprita dopo un grave episodio di violenza che vede protagonista un detenuto di origine marocchina. Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), descrive un contesto di continua tensione e violenza, dove gli agenti sono regolarmente esposti a gravi rischi.

Incendio al carcere di Capanne: cosa è successo

Il recente incidente si è verificato ieri sera, quando un detenuto, precedentemente posto sotto sorveglianza speciale per tentativo di suicidio, ha appiccato un incendio dando fuoco al materasso nella sua cella per poi barricarsi in bagno. Questo atto ha richiesto un intervento immediato degli agenti, che hanno affrontato enormi difficoltà a causa del fumo denso, compromettendo la visibilità e aumentando il rischio durante le operazioni di soccorso.

Dopo intensi e difficili minuti, il personale è riuscito a evacuare il detenuto e la sezione, assicurando la sicurezza degli altri detenuti, senza gravi conseguenze per loro. Tuttavia, quattro poliziotti sono stati trasportati all’ospedale per inalazioni di fumo e altre lesioni.

Cresce la tensione nelle carceri

Questi eventi non sono isolati, ma parte di una crisi più ampia che affligge le carceri dell’Italia ed anche dell’Umbria. Un recente dossier dell’associazione Antigone, intitolato “Nodo alla gola”, ha evidenziato la spirale di violenza e caos che si sta sempre di più propagando nelle nostre carceri.

Il sovraffollamento è una delle principali problematiche, con un tasso che raggiunge il 115,1% rispetto alla capacità. Per esempio, il carcere di Perugia ospita 421 detenuti rispetto ai 363 posti disponibili, mentre a Terni la situazione è ancor più grave con 556 detenuti per 422 posti.

L’isolamento disciplinare ed il caso di Capanne

Il dossier evidenzia anche un uso eccessivo dell’isolamento disciplinare, una pratica che si verifica con frequenza preoccupante, soprattutto a Capanne, dove la media di isolamento disciplinare nel 2022 è stata di 117,91 provvedimenti per 100 detenuti.

Questo metodo, lungi dall’essere soltanto punitivo, si sta trasformando in uno strumento di controllo, spesso applicato in modo sproporzionato nei confronti dei detenuti più problematici, aggravando il loro disagio psicologico e fisico.

I casi di suicidio

Un altro dato allarmante riguarda gli episodi di suicidio, con cinque detenuti che hanno perso la vita nell’ultimo anno. Questi eventi sono indice di una crisi profonda e di una mancanza di risorse adeguate ad affrontare le esigenze di una popolazione carceraria sempre più complessa e bisognosa.

La voce dei sindacati

In risposta a questi gravi problemi, i sindacalisti, tra cui Bonino e Capece, segretario regionale del SAPPE, chiedono interventi decisivi. Le parole: “Servono regole ferree per ristabilire ordine e sicurezza nelle carceri. È essenziale un’immediata revisione delle politiche di gestione carceraria, che includa un aumento del personale e miglioramenti strutturali per prevenire incidenti futuri e garantire la sicurezza di tutti”.

Intervenire subito

Insomma, è ormai chiaro che ci sia bisogno di intervenire subito. La situazione è sempre più insostenibile e questo episodio, quello dell’incendio nel carcere di Capanne, è di fatto uno dei tanti. E non è detto che non ce ne saranno di ulteriori.

il sovraffollamento che continua a essere un problema grave e le frequenti violazioni dei diritti umani, è fondamentale che le autorità prendano provvedimenti seri per riformare il sistema in modo che la dignità e la sicurezza di detenuti e agenti siano assicurate. Tra strutture fatiscenti e piccole, sovraffollamento, problemi psicologici, la violenza sta diventando sempre di più una conseguenza triste e tragica. Un incendio, una coltellata, una rissa. Tante le manifestazioni possibili. Serve un argine.