Dopo sei anni di attese, udienze e rinvii, è arrivata la sentenza di primo grado per un 63enne originario della Campania ma residente da tempo a Perugia. L’uomo è stato condannato a un anno di reclusione per i reati di lesioni personali e stalking ai danni della compagna, vittima di una lunga sequenza di episodi di violenza e minacce. Il giudice, valutati gli elementi probatori raccolti nel corso dell’indagine e i referti medici, ha riconosciuto la responsabilità dell’imputato, infliggendo la pena prevista in primo grado. Una decisione che chiude un iter giudiziario lungo e complesso, iniziato con la denuncia della donna nel 2019 e conclusosi solo oggi, a distanza di sei anni.
Come ricostruito in aula e riportato da "Il Messaggero Umbria", i primi episodi risalgono a circa sei anni fa. Era il 2019 quando, durante una cena, scoppiò l’ennesimo litigio tra i due. Al momento di uscire di casa, la tensione degenerò in un’aggressione fisica brutale.
Secondo i referti medici, alla donna fu diagnosticata una prognosi di trenta giorni per ferite al volto, perforazione della membrana timpanica, contusioni multiple agli arti inferiori e alla mano destra, frattura del corpo sternale e contusioni all’emitorace sinistro. Lesioni gravi che segnarono l’inizio di un incubo fatto di violenze ripetute e continue vessazioni psicologiche.
Dopo l’aggressione, l’uomo non si fermò. Continuò a perseguitare la compagna con telefonate minacciose e insulti, rivolti non solo a lei ma anche ai suoi familiari. Un comportamento ossessivo che, come sottolineato in aula, aveva trasformato la vita della donna in un percorso di paura costante, costringendola a vivere nell’ansia di nuove aggressioni.
La denuncia della vittima segnò l’avvio del procedimento penale. Sei anni dopo, la giustizia ha riconosciuto le responsabilità del 63enne, con una condanna che, pur non severissima nella quantificazione della pena, rappresenta un segnale importante sul fronte della tutela delle donne.
Il caso di Perugia non è purtroppo isolato. Negli ultimi mesi l’Umbria ha registrato diversi episodi di violenza domestica e stalking. Nella notte tra venerdì e sabato, a Piediluco, i Carabinieri hanno arrestato un 44enne rumeno, accusato di aver violato il divieto di avvicinamento nei confronti della sua ex compagna.
La donna, spaventata e in lacrime, aveva chiamato il 112 denunciando di essere seguita e insultata. I militari sono intervenuti tempestivamente, trovandola in un bar del centro mentre l’uomo la pedinava ancora, nonostante le misure cautelari già in vigore. Nemmeno la presenza delle forze dell’ordine lo ha fermato: il 44enne ha continuato a minacciare e insultare la vittima, finché i carabinieri non lo hanno immobilizzato ed arrestato.
In Italia i reati di lesioni personali e atti persecutori (stalking) sono disciplinati dal Codice Penale e rappresentano due fattispecie distinte ma spesso collegate, come dimostra il caso di Perugia.
Le lesioni personali sono regolate dall’articolo 582 del Codice Penale. Si parla di lesioni quando un soggetto cagiona ad altri una malattia nel corpo o nella mente. La gravità della pena dipende dalla prognosi stabilita dal referto medico:
Nel caso della compagna del 63enne, la prognosi di trenta giorni e la presenza di fratture e lesioni gravi hanno configurato il reato di lesioni personali con un quadro probatorio solido.
Per quanto riguarda lo stalking, il riferimento normativo è l’articolo 612-bis del Codice Penale, introdotto nel 2009. La norma punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta un’altra persona in modo da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia o di paura, oppure da costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena prevista è la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
Il reato di stalking viene spesso contestato insieme ad altre fattispecie come le lesioni, le minacce o le violenze private, proprio perché il persecutore alterna molestie psicologiche, pedinamenti e violenze fisiche. Nei casi più gravi, la legge prevede l’adozione di misure cautelari come il divieto di avvicinamento alla vittima, gli arresti domiciliari o addirittura la custodia cautelare in carcere.
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto più volte per rafforzare la tutela delle vittime. Con la legge n. 69 del 2019, nota come Codice Rosso, sono stati introdotti tempi più rapidi per le indagini e pene più severe per i reati di violenza domestica e stalking. La polizia giudiziaria è tenuta a riferire immediatamente al pubblico ministero le notizie di reato che riguardano violenze di genere, consentendo così una risposta più tempestiva.