Il giorno del verdetto è arrivato. Ieri il tribunale albanese di Skutari ha emesso la sentenza nei confronti di David Pecorelli, ormai noto alla stampa come “il naufrago di Montecristo“. Ma lui non ci sta e annuncia che la impugnerà. Pecorelli è stato condannato a quattro anni di carcere, contro gli otto chiesti dall’accusa, aveva atteso fiducioso nella sua casa di Pietralunga (PG).
“Per quanto la condanna sia abbastanza pesante – ha detto l’avvocato Andrea Castori – Pecorelli è piuttosto sollevato in quanto la richiesta della Procura era stata di otto anni.” Ma il carcere albanese spaventa comunque l’ex naufrago, che spera in misure alternative alla detenzione, come lo svolgimento di lavori socialmente utili.
Per la fine di maggio è in programma l’udienza di estradizione e gli avvocati potrebbero chiedere la revoca della misura, in modo da invalidare l’esecuzione del mandato di arresto.
La rocambolesca vicenda di Pecorelli prima della sentenza
La vicenda di Pecorelli sarebbe degna di un film d’avventura. Imprenditore tifernate di 49 anni, simulò la sua morte in Albania a gennaio 2021. Sembra fosse afflitto da gravi problemi economici, che aveva tentato di risolvere recandosi nel Paese delle Aquile per vendere un macchinario estetico. Nelle campagne di Puke, fece ritrovare carbonizzata l’auto che aveva preso a noleggio e per rendere credibile la cosa, vi lasciò anche dei resti umani. Creduto morto da tutti, nove mesi dopo, venne trovato intento a attraccare con un gommone sull’isola di Montecristo, alla ricerca di un supposto tesoro di monete.
Imputato per cinque accuse, il quarantanovenne padre di quattro figli, è stato condannato per incendio doloso – quello dell’auto noleggiata – violazione da clandestino dei confini nazionali albanesi – ovvero l’espatrio illecito dall’Albania al Montenegro e ritorno – e ostacolo al raggiungimento della verità.
Cosa sono i lavori socialmente utili invocati da Pecorelli
In Italia esistono misure alternative alla detenzione in carcere, introdotte dalla legge 354 del 26 luglio 1975 e hanno lo scopo di facilitare il reinserimento sociale dei condannati nella società civile. Sono tre: la semilibertà, le diverse forme di detenzione domiciliare e l’affidamento in prova al servizio sociale che è quanto chiesto da Pecorelli.
L’affidamento in prova al servizio sociale, consiste nell’affidare il condannato al servizio sociale per la durata della pena inflitta. L’affidamento in prova evita la pena o parte di essa, e consiste nello svolgimento di un’attività lavorativa, di volontariato o di pubblica utilità. La misura può essere richiesta se la pena detentiva (o residua) non supera i tre anni e non sarebbe il caso del naufrago tifernate. Pecorelli dovrebbe scontare almeno un anno di detenzione, dimostrando la propria buona condotta, prima di poter eventualmente richiedere tale misura.
L’Isola di Montecristo
L’Isola di Montecristo si trova nel Mar Tirreno e fa parte dell’arcipelago toscano. Appartiene al Comune di Portoferraio, in provincia di Livorno. Situata a sud dell’Elba e a nord del Giglio, è un’isola interamente montuosa e è una splendida riserva naturale. Non vi è possibile pernottare e sono vietate la pesca, la balneazione e la navigazione entro mille metri dalla costa. Gli accessi via mare, sono consentiti su una sola spiaggia e fino al 2018 per attraccare bisognava richiedere un permesso ai carabinieri. Date le premesse, non è certamente un luogo dove si può passare inosservati.
Una curiosità. Su quest’isola è è ambientato in parte il celeberrimo romanzo Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Proprio qui, infatti, il protagonista del romanzo trova il leggendario tesoro della famiglia Spada, che gli consentirà di escogitare la sua vendetta. Forse, Pecorelli, sperava nella stessa fortuna.